Correttivi 2024 alla riforma “Cartabia”: renovatio e coordinamento

Credits: Avv. Fabrizio Sardella; Dott. Kevin Tagliarini

Il presente contributo analizza gli interventi di modifica correttiva apportati alla riforma “Cartabia”, concernenti il coordinamento delle predette disposizioni con le regole di diritto processuale penale, ancora in ottica di semplificazione delle procedure e di maggior organizzazione ed efficienza della giustizia penale.



Il Consiglio dei Ministri, nell’ambito della riunione dell’11 marzo 2024, ha definitivamente approvato il Decreto legislativo integrativo e correttivo della Riforma Cartabia in materia penale (D.lgs. n. 150/2022). È stato, quindi, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 20 marzo 2024 il decreto legislativo 19 marzo 2024, n. 31, recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150. Dopo il periodo di vacatio legis, le norme di coordinamento in analisi sono in vigore dal 4 aprile 2024.

Il provvedimento si compone di 11 articoli e apporta alcune modifiche alle disposizioni del D. Lgs. n. 150/2022, che investono il Codice penale, il Codice di Procedura penale e le Leggi Speciali; la finalità perseguita dal provvedimento è rendere gli Istituti interessati maggiormente coerenti con i principi e i criteri che ispirano la legge delega, anche attraverso una complessiva semplificazione dei meccanismi processuali e procedimentali.  

Le modifiche introdotte hanno interessato tutte le fasi del procedimento penale, dalla fase delle indagini preliminari, al dibattimento, ai riti alternativi, al giudizio di gravame e sino alla fase dell’esecuzione della pena, oltre alle Leggi speciali.  

 

Le prime modifiche di rilievo interessano le condizioni di procedibilità del reato ex art. 582 c.p., rubricato “lesioni personali”.  

L’intervento si è reso necessario per coordinare le modifiche introdotte dal D.lgs. n. 150/2022 in relazione al regime di procedibilità della fattispecie criminosa, alla luce della sopravvenuta modifica dell’art. 583 quater, secondo comma c.p., introdotta dall’art. 16 del Decreto – legge del 30 marzo 2023, n. 34, recante “misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali”, con il precipuo fine di stabilire – senza eccezioni - la regola della procedibilità d’ufficio del delitto di lesioni commesso in danno di esercente la professione sanitaria, a prescindere dalla natura delle lesioni medesime, ossia siano esse lievi, gravi ovvero gravissime.  

Infatti, l’intervenuta riformulazione dell’art. 583 quater c.p., rende inapplicabile la circostanza aggravante comune ex art. 583 c.p., essendo suddetta aggravante pacificamente assorbita in quella di cui alla novellata disposizione.  

In tale ottica, dunque, si interviene, da un lato, sopprimendo nell’art. 582, secondo comma c.p., il riferimento all’aggravante di cui all’art. 61, numero 11) octies e, dall’altro, inserendo un espresso richiamo all’art. 583 quater, secondo comma, primo periodo c.p. Il suddetto richiamo, peraltro, vale a chiarire definitivamente la natura di circostanza e non, dunque, di autonomo reato dell’ipotesi di cui all’art. 583 quater c.p.

La seconda modifica investe la condizione di procedibilità del reato di danneggiamento, ex art. 635 c.p.  

La modifica dell’ultimo comma dell’art. 635 c.p. si rende necessaria, al fine di omologare il regime di procedibilità di suddetta fattispecie criminosa a quello previsto per la fattispecie più grave ex art. 625 c.p., in relazione alla quale lo stesso Legislatore delegato ha introdotto il regime di procedibilità su istanza di parte, nel caso in cui il fatto sia commesso su cose esposte per necessità, consuetudine o per destinazione alla pubblica fede.  

Le modifiche apportate agli artt. 625 e 635 c.p., in relazione al regime di procedibilità delle fattispecie criminose, sono frutto di una scelta politico – criminale che tende a “privatizzare” l’azione diritto penale, subordinando l’azione dell’Autorità giudiziaria all’istanza di parte. La tutela del patrimonio rientra sempre più nella disponibilità della persona offesa, confermando l’ulteriore funzione di “mediazione” attribuita dalla riforma “Cartabia” al diritto penale.

 

La seconda categoria di modifiche d’interesse è inerente alla fase delle indagini preliminari ed al cosiddetto “termine di riflessione”, entro il quale il Pubblico Ministero deve decidere se esercitare o meno l’azione penale.  

I correttivi mirano a realizzare una complessiva semplificazione del meccanismo di risoluzione della “stasi del procedimento”.  

In primo luogo, è stata eliminata la disciplina di cui ai commi da 5 bis a 5 quinquies dell’art. 415 bis c.p.p., diretta a consentire al PM di giustificare la mancata emissione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, prima della scadenza del termine ex art. 415 bis c.p.p., che non realizza - di per sé - alcuna stasi.  

Infatti, è lo stesso art. 407 bis, comma secondo, c.p.p. a prevedere un termine ulteriore rispetto a quello fissato per la scadenza delle indagini preliminari, entro il quale effettuare le scelte ritenute più opportune, ai fini dell’assunzione delle determinazioni di competenza, ivi compresa la scelta di procedere a notifica dell’Avviso di conclusione delle indagini preliminari.  

L’intervento correttivo adottato dal Governo ha il precipuo scopo di attuare il pieno rispetto dei principi sottesi alla legge – delega, operando una complessiva semplificazione di sistema, comunque fatte salve le garanzie per le parti e, anzi, prevedendo un controllo più incisivo del giudice in sede di indagini preliminari.  

In tal modo, anche la valutazione in merito alla sussistenza dei presupposti per il differimento dei termini richiesto dal Procuratore della Repubblica assume un carattere squisitamente giurisdizionale, in ossequio all’esigenze di garantire la piena tutela delle garanzie riconosciute in capo alle parti e il contemperamento di tutti gli interessi in gioco, le quali costituiscono le linee di indirizzo della legge – delega.  

Le modifiche, poi, agli artt. 412 c.p.p. e 127 disp. att. c.p.p. si pongono in un rapporto di consequenzialità rispetto alla semplificazione del meccanismo della stasi procedimentale, prevedendosi, peraltro, anche un’estensione (nello specifico da giorni 30 a 90) per lo svolgimento delle indagini da parte del procuratore, quando questi ne abbia chiesto l’avocazione; la modifica del termine mira a garantire che le indagini svolte siano ispirate al principio di completezza dell’attività investigativa, atteso che, nella maggior parte dei casi, l’avocazione viene disposta in relazione a procedimenti di particolare complessità.

 

Da ultimo, i correttivi apportati al Decreto Legislativo n. 150/2022 eliminano una serie di “passaggi di carte” e notifiche ritenute non indispensabili.  

In particolare, in ordine all’intervenuta modifica del comma 1 bis dell’art. 154 c.p.p., rubricato “Notificazioni alla persona offesa, al responsabile civile e al civilmente obbligato per la pena pecuniaria”, si è ritenuto necessario prevedere che, in tema di notificazione alla persona offesa degli Atti introduttivi del giudizio, nei casi espressamente indicati al comma 1, l’Autorità giudiziaria possa avvalersi della polizia giudiziaria, solo e soltanto nel caso in cui ricorrano le circostanze specificamente indicate, le quali già consentono di avvalersi della polizia giudiziaria per la notifica degli atti introduttivi del giudizio all’imputato.  

La modifica all’art. 157 ter c.p.p., nella misura in cui, al primo comma, la locuzione “in giudizio” è sostituita con la locuzione “a giudizio”, è stato aggiunto il periodo “fuori dai casi di cui all’art. 161, comma 4”, con riferimento alle notificazioni degli atti introduttivi del giudizio all’imputato non detenuto, rimedia ad un deficit di coordinamento tra l’art. 161 e 157 ter c.p.p. e vale a chiarire che, se il domicilio eletto o dichiarato è inidoneo ovvero insufficiente, la notifica degli atti introduttivi del giudizio deve avvenire mediante consegna al difensore.  

È evidente che, in mancanza di suddetto intervento correttivo, l’avviso dato ex art. 161 c.p.p., circa le conseguenze del domicilio inidoneo o insufficiente, sarebbe divenuto inutiliter dato e, peraltro, contrasterebbe con i principi ispiratori della riforma.  

 

Lo schema di decreto correttivo interessa, vieppiù, la disciplina dei procedimenti speciali (riti alternativi o deflattivi).  

La prima modifica che merita brevi cenni riguarda l’art. 438 c.p.p., rubricato “presupposti del rito abbreviato”. L’inciso “in relazione ai prevedibili tempi dell’istruzione dibattimentale”, di cui al quinto comma, è sostituita con il seguente: “in relazione all’istruzione dibattimentale”.  

La modifica si propone di garantire maggiore effettività all’istituto, prevedendo che il giudice debba valutare l’economia processuale della scelta del rito, rispetto alla maggiore complessità del dibattimento e non già avuto riguardo alle sole tempistiche di esaurimento del medesimo.  

Un’ulteriore modifica di interesse si riferisce alla disposizione ex art. 459 c.p.p., concernente i casi di procedimento “per decreto”.  

L’intervento correttivo tende a semplificare l’istituto, poiché il destinatario del decreto penale può chiedere la sostituzione in lavoro di pubblica utilità senza fare opposizione, consapevole del fatto che, nel caso in cui la richiesta venga rigettata, il decreto diverrà esecutivo. Quando, diversamente, l’imputato formuli opposizione congiuntamente alla richiesta di sostituzione o successivamente nei termini, il giudice, se rigetta la richiesta di sostituzione, provvederà a mente dell’art. 464 c.p.c.  

 

Con riferimento al giudizio di gravame, l’intervento correttivo sull’art. 598 bis c.p.p. si è reso necessario, al fine di coordinare il meccanismo di sentencing, di cui all’art. 545 bis c.p.p. con il giudizio di appello, a mezzo del quale l’imputato può esprimere una valida manifestazione del consenso, comunque preservando, quanto più possibile, il contradditorio scritto tra le parti.

In particolare, la modifica in questione ribadisce un consolidato orientamento del Giudice di Legittimità, in forza del quale il Giudice del Gravame non ha il potere d’ufficio di applicare le pene sostitutive delle pene detentive brevi, se nell’Atto d’Appello non risulta formulata una specifica richiesta in tal senso.

 

In tema di pene sostitutive, il decreto correttivo apporta modifiche sostanziali all’art. 545 bis c.p.p. L’intervento mira, innanzitutto, a chiarire che il giudice, quando, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, di cui all’art. 58 della legge del 24 novembre 1981 n. 689, valuta che, in concreto, non sussistano i presupposti per la sostituzione della pena detentiva, non debba attivare il meccanismo cosiddetto “sentencing”, pronunciando, così, un dispositivo di condanna provvisorio, ma possa pronunciare direttamente la sentenza di condanna a pena detentiva non sostituita.  Il meccanismo verrà attivato solo e soltanto nel caso in cui il giudice ritenga di poter applicare la pena sostituiva, ma non abbia gli elementi utili per potervi procedere ovvero debba acquisire il consenso dell’imputato.  

 

Da ultimo, non per importanza, si segnalano importanti modifiche anche in tema di responsabilità amministrativa degli Enti derivante da reato ex D.lgs. n. 231/2001.

In specie, il comma primo dell’art. 59, nella parte in cui prevede che “la contestazione dell’illecito è contenuta in uno degli atti indicati nell’art. 405, comma uno del Codice di procedura Penale”, intende richiamare le diverse forme di esercizio dell’azione penale, che, a seguito delle modifiche introdotte dal D.lgs. n. 150/2022, sono ora disciplinate dal nuovo art. 407 bis c.p.p.

L’art. 61 è modificato nella parte in cui dispone che il giudice dell’Udienza Preliminare pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche nel momento in cui gli elementi sino a quel momento acquisiti non consentano di formulare una ragionevole previsione di condanna.  

Tale modifica si pone in un necessario rapporto di continuità e coordinamento con la nuova regola di giudizio prevista per la sentenza di non luogo a procedere, di cui all’art. 425, comma terzo c.p., così come modificato dal Decreto legislativo n. 150/2022. L’intervento non pare per nullo scontato nella misura in cui equipara la posizione processuale dell’Ente a quella della persona fisica (trattandosi di posizioni con rispettive peculiarità), ai fini dell’eventuale pronuncia della sentenza di proscioglimento, laddove gli elementi di prova siano inidonei a sostenere l’accusa in giudizio, nell’ottica di una ragionevole probabilità di condanna.  

 

Tutti i correttivi di cui si è fatta sin qui menzione debbono essere letti, come poc’anzi accennato, alla luce dei più generali principi sottesi alla legge – delega, tra cui lo snellimento delle tempistiche processuali, sempre nel rispetto delle prerogative difensive dell’imputato e delle parti coinvolte nel procedimento penale, al fine di realizzare un equo contemperamento di tutti gli interessi in gioco.


Credits: Avv. Fabrizio Sardella; Dott. Kevin Tagliarini