Corte di Cassazione, Sez. V, sentenza n. 13016 del 28 marzo 2024: l’art. 342 del d.lgs. N. 14 del 2015 (codice della crisi di impresa) non ha portata tale da restringere l’area di penale rilevanza già delineata dall’art. 236 bis della legge fallimentare.

Credits: Dott. Kevin Tagliarini


Per la Corte di Cassazione l’art. 342 del D.lgs. n. 14 del 2015 (Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza) non produce alcun effetto abrogativo con riferimento alla fattispecie criminosa di cui all’art. 236 bis della legge fallimentare; La Corte parte dal presupposto che la locuzione “in ordine alla veridicità dei dati contenuti nel Piano o nei documenti ad esso allegati” deve essere necessariamente correlata alla nozione di informazione, intesa, in senso non eccessivamente restrittivo, come insieme delle attività relative alla fattibilità del piano che il professionista è chiamato a compiere in sede di ricorso per l’ammissione al concordato preventivo della società.


Il presente contributo si propone la finalità di indagare le ragioni sottese alla decisione del Giudice di Legittimità, con cui è stato escluso che la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 342 del D.lgs. n. 14 del 2015 abbia ridimensionato l’area di penale rilevanza tracciata dalla disposizione di cui all’art. 236 bis della legge fallimentare, non condividendo, dunque, le prospettazioni difensive dell’imputato, quivi di seguito brevemente riportate, in forza delle quali la norma attualmente in vigore avrebbe determinato un parziale effetto abrogativo della norma previgente.

La vicenda giudiziaria tra origine dalla sentenza emessa, a seguito di giudizio abbreviato, del GUP presso il Tribunale di Alessandria, con cui l’imputato veniva condannato alla pena di 10 mesi di reclusione ed euro 26.222,00 di multa, oltre al risarcimento del danno in favore della costituita Parte civile,  per il reato di cui all’art. 236 bis della Legge Fallimentare, perché, in qualità di professionista, avrebbe esposto false informazioni o, comunque, avrebbe omesso di riferire informazioni rilevanti nella relazione di cui all’art. 161, comma 3 della legge fallimentare, allegata al ricorso per l’ammissione al concordato preventivo della Società in liquidazione.

In data 22 maggio 2023, la Corte d’Appello di Torino ha parzialmente riformato la sentenza oggetto di gravame, dichiarando l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione e confermando le statuizioni civili.

Avverso la pronuncia del Giudice del secondo grado, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, come unico motivo di doglianza, l’erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 2 c.p. e 342 del D.lgs. n. 14 del 2015.

A giudizio della difesa, la novella legislativa di cui all’art. 342 del D.lgs. n. 14 del 2015, introducendo nel dettato normativo l’inciso “alla veridicità dei dati contenuti nel piano o nei documenti allegati” avrebbe limitato l’area di rilevanza penale solo e soltanto con riferimento alle attestazioni che siano non solo rilevanti, ma che abbiano, altresì, ad oggetto la correttezza, nel senso di esposizione veritiera dei dati riportati nel piano e dei documenti ad esso allegati.

A tal proposito, il ricorrente ha eccepito che la nuova disposizione avesse determinato un effetto parzialmente abrogativo della fattispecie incriminatrice ex art. 236 bis della Legge fallimentare, nella misura in cui non prevede alcun riferimento alla veridicità dei dati riportati.

Ciò posto, in virtù delle ragioni difensive addotte, la Corte d’Appello di Torino avrebbe dovuto assolvere l’imputato perché il fatto non è preveduto dalla legge come reato.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso per le motivazioni quivi di seguito indicate.

In primo luogo, la sussistenza dell’eventuale effetto parzialmente abrogativo della fattispecie criminosa ex art. 236 bis della legge fallimentare, secondo i Giudici, non può prescindere dalla corretta interpretazione del dettato normativo e, in particolare, dal corretto significato da attribuire alla locuzione “informazioni”, nel medesimo contenuta.  

Stante l’assenza di giurisprudenza rilevante del Supremo Consesso, la Corte ha attinto dall’orientamento consolidato dei Tribunali di Merito e della Dottrina maggioritaria, secondo cui il termine in questione deve essere posto in necessaria correlazione con la descrizione contenutistica delle attestazioni e relazioni richiamate dalla norma, assumendo che l’informazione falsa od omessa dovesse essere riferita ad entrambe gli oggetti dell’attività del professionista, ovverosia la “veridicità” e la “fattibilità”.

È doveroso precisare, vieppiù, che, con riguardo alle attestazioni e alle relazioni richiamate dalla disposizione ex art. 236 bis della legge fallimentare, spettava al professionista attestatore certificare la veridicità dei dati aziendali presentategli dal debitore e valutare la fattibilità economica del piano.

Per quanto concerne la “fattibilità economica”, la Suprema Corte ha avuto cura di precisare che doveva escludersi il fatto che la falsità potesse concernere il giudizio prognostico favorevole, atteso che, in relazione ad un giudizio che si risolve in una futura valutazione, non può formularsi un apprezzamento in termini di difformità dal vero; dunque, l’attenzione doveva essere essenzialmente rivolta alla base informativa del giudizio stesso, nonché ai criteri impiegati per giungere al contenuto predittivo.

A giudizio degli Ermellini, quindi, se si limita la valutazione metodologica al controllo della correttezza dei metodi e dei criteri valutativi impiegati, la medesima appare compatibile con un giudizio prognostico in termini di verità/falsità.

La Corte ritiene di sposare suddetto orientamento, atteso che la configurabilità di un giudizio di verità/falsità rispetto a enunciati valutativi è stata, in passato, espressamente ammessa, seppur con riferimento al reato di false comunicazioni sociali.

In virtù di quanto sopra, la Corte ha concluso che l’art. 236 bis della legge fallimentare dava penale rilevanza anche alle attività che il professionista attestatore era chiamato a prestare con riferimento alla “fattibilità economica” del piano, delimitata soltanto sul piano della correttezza e della compiutezza della base informativa, nonché alla correttezza dei metodi e dei criteri valutativi impiegati.

Partendo dall’interpretazione restrittiva della norma, dunque, gli Ermellini hanno escluso che la novella normativa ex art. 342 del D.lgs. n. 14 del 2015 abbia determinato un effetto parzialmente abrogativo della fattispecie delittuosa di cui all’art. 236 bis della legge fallimentare.

In secondo luogo, il Giudice di Legittimità, proseguendo nell’iter argomentativo delineato, si concentra sull’assunto fatto proprio dalla difesa del ricorrente, in forza del quale, con  l’introduzione dell’inciso “in ordine alla veridicità dei dati contenuti nel piano o nei documenti ad esso allegati”, il legislatore avrebbe inteso ridurre l’area di rilevanza penale, limitandola alla sola veridicità dei dati aziendali, con conseguente esclusione delle attività svolte dal professionista inerenti la valutazione di “fattibilità economica” del piano presentato dal debitore.

La Suprema Corte ha preso le distanze dalla tesi difensiva quivi riportata, eccependo, da un lato, che suddetto orientamento poggia le proprie fondamenta su di un’accezione di “dati” eccessivamente restrittiva, dall’altro, che l’orientamento medesimo non tiene conto della corretta interpretazione del dettato normativo ex art. 236 bis della legge fallimentare.

Per quanto concerne il primo aspetto, la Suprema Corte ritiene di dover attribuire al termine “dati” un significato molto più ampio, il quale ricomprenda “il risultato di attività intellettuali che, spesso, consistono nell’indicazione di grandezze economiche chiamate a esprimere il valore di negozi giuridici, rapporti contrattuali, beni immateriali, situazioni giuridiche: grandezze nelle quali la componente valutativa è sicuramente presente”.

E ancora il termine “dati” deve essere posto in stretta correlazione alla nozione di “informazioni”, che, sotto la vigenza della disposizione ex art. 236 bis della legge fallimentare si riferiva al contenuto delle attività svolte dal professionista, di cui alle relazioni e attestazioni. Tale correlazione permane tutt’ora, atteso che le attestazioni e relazioni sono puntualmente richiamate dalla norma ex art. 342 del D.lgs. n. 14 del 2015 e, anzi, l’elenco è stato addirittura ampliato.

Il secondo aspetto su cui il Giudice di Legittimità ha ritenuto di fondare la propria decisione è che la disposizione ex art. 236 bis della legge fallimentare non dava rilevanza penale alcuna alla valutazione prognostica del professionista in ordine alla fattibilità del piano strettamente intesa, bensì alla sola correttezza e compiutezza della base informativa, nonché dei metodi e dei criteri valutativi impiegati dal professionista, onde giungere alla valutazione definitiva.

L’aggiunta dell’inciso nella disposizione ex art. 342 del D.lgs. n. 14 del 2015 non lascia dubbi, secondo la Corte, circa la non applicabilità della fattispecie alla valutazione prognostica del professionista, la cui rilevanza penale era, peraltro, esclusa anche dalla norma precedentemente in vigore.

Alla luce di quanto sopra, dunque, la novella normativa di cui all’art. 342 del D.lgs. n. 14 del 2015 non ha prodotto alcun effetto abrogativo o parzialmente abrogativo della fattispecie criminosa ex art. 236 bis della legge fallimentare.

Tale interpretazione si sposa perfettamente con le intenzioni del legislatore delegato, così come esplicate nella Relazione illustrativa al “Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza”, nella misura in cui afferma che “l’art. 342 riproduce sostanzialmente sul punto il contenuto dell’art. 236 bis della legge fallimentare”.

La decisione della Corte si pone entro i confini della ratio legis delimitati dal Legge delega, la quale prevedeva espressamente che il Governo, nel riformare organicamente la disciplina delle procedure concorsuali, si limitasse a sostituire l’accezione “fallimento” e tutti i suoi derivati con l’espressione “liquidazione giudiziale”, lasciando inalterata l’area di penale rilevanza tracciata anzitempo dalla Legge fallimentare.   


Credits: Dott. Kevin Tagliarini