Il principio della perpetuatio iurisdictionis: tra giudice dell’esecuzione e Tribunali di Sorveglianza

Credits: Avv. Fabrizio Sardella, Dott.ssa Giulia Fantinato
ABSTRACT: Le seguenti riflessioni prendono spunto da due pronunce della Corte di Cassazione rivolte ad un approfondimento del principio di perpetuatio iurisdictionis. Secondo tale principio, la competenza territoriale si radica al momento di proposizione della domanda od istanza, ed eventuali modifiche, quali ulteriori condanne susseguenti nel tempo, non avranno la forza necessaria per mutare l’autorità territorialmente competente.

Nei confronti di condanne sopravvenute in corso di esecuzione della pena si pongono spesso dei quesiti in ordine alla competenza, specie se territoriale. Sebbene, alla luce del codice di procedura penale, la questione non appaia particolarmente complessa, in concreto si verificano spesso problemi applicativi di portata non indifferente.

Infatti, nonostante l’art. 665 comma 4 c.p.p. affermi che, in presenza di provvedimenti di esecuzione emessi da giudici differenti, la competenza spetti al giudice il cui provvedimento sia divenuto irrevocabile per ultimo, il dubbio si incardina nel momento in cui venga ad esistenza un provvedimento effettivamente successivo nel tempo e divenuto altresì irrevocabile, ma, nel caso concreto[1], non ancora menzionato nel casellario giudiziario.

In tal senso, in un’ottica di sostegno e promozione del principio di perpetuatio iurisdictionis, la competenza spetta necessariamente all’autorità che per prima ha ricevuto l’istanza[2], non modificandosi nemmeno in caso di sopravvenienza di nuove pronunce a carico del medesimo soggetto che, astrattamente, potrebbero mutare la competenza. Infatti proprio la Corte sostiene che la competenza si radica “nel momento in cui la domanda … perviene … alla cancelleria del giudice[3] ed inoltre la stessa afferma che la competenza “non muta per la sopravvenienza di ulteriori successivi titoli esecutivi”.

Da ultimo, e per completezza, si segnala che l’omessa menzione nel casellario giudiziario di una qualche pronuncia, non può configurarsi quale causa per non considerare “valevole” il principio di perpetuatio iurisdictionis, difatti, seppur difettante tale elemento, permane pur sempre la possibilità di ricavare da fonti diverse ed ulteriori l’esistenza -oltre che l’irrevocabilità- del titolo.

Nel caso della magistratura di sorveglianza, invece, l’articolo di riferimento è il 677 c.p.p. per il quale la competenza per territorio si colloca o nel luogo ove è sito l’istituto di prevenzione o di pena in cui si trova il soggetto richiedente, oppure -nel caso in cui questi non sia internato o detenuto- nel luogo di residenza o domicilio dello stesso.

Da non dimenticare, è il terzo comma dell’art. 677 c.p.p. che attribuisce la competenza, per quei casi in cui non è possibile l’applicazione dei precedenti commi -e quindi solamente in maniera residuale- alla magistratura di sorveglianza ove sia stata pronunciata la sentenza.

Più nello specifico, nel caso di pronunce diverse e successive nel tempo, la competenza si radica in capo al Tribunale -o al magistrato- di Sorveglianza ove è stata pronunciata la sentenza divenuta irrevocabile per ultima.

I criteri di cui all’art. 677 c.p.p. sono da considerarsi a carattere generale, a cui fa tuttavia seguito una species peculiare, rinvenibile nell’art. 656 comma 6 c.p.p. per il quale, le istanze vanno indispensabilmente proposte davanti al Tribunale di Sorveglianza ove ha sede l’ufficio del pubblico ministero competente, e cioè colui che ha disposto la sospensione della pena.

Sembra proprio che la disposizione di questo articolo -indicante un elemento differente dalla residenza, dal domicilio o dal luogo di detenzione- rimanga salda anche a seguito della sopravvenienza di ulteriori titoli esecutivi. Ed anzi, in tale occasione si parla addirittura di insensibilità[4] della competenza di fronte a dei nuovi provvedimenti sopraggiunti stabilendosi invece nel territorio del Tribunale di Sorveglianza in riferimento alla situazione “esistente al momento di presentazione della richiesta della misura alternativa[5].

Proprio in questo elemento si ritrova quel principio della perpetuatio iurisdictionis: pur ammettendo la possibilità della sopravvenienza di altri provvedimenti, la competenza per territorio non muta.[6] Questa cristallizzazione della competenza si rende indispensabile al fine di evitare che il condannato venga di volta in volta giudicato davanti a giudici sempre diversi, garantendo -al contempo- non solo una celerità del procedimento medesimo in un’ottica di economia processuale, ma altresì un “contatto stabile” con l’ufficio del pubblico ministero che ha disposto la sospensione.

In conclusione, il condannato, una volta presentata istanza di misura alternativa alla detenzione sarà consapevole che, anche se dovessero sopraggiungere ulteriori condanne che teoricamente potrebbero modificare la competenza territoriale, questa rimarrà in ogni caso radicata in capo al Tribunale di Sorveglianza ove è stata presentata la prima istanza di misura alternativa alla detenzione, in attuazione dell’art. 656 c. 6 c.p.p. Lo stesso vale nei casi previsti dall’art. 665 comma 4 c.p.p., il quale garantisce una cementificazione della competenza in capo all’autorità davanti cui è stata presentata istanza da parte dell’interessato, questo anche nel caso in cui sopraggiungano ulteriori titoli esecutivi.

Il principio di perpetuatio iurisdictionis[7] è quindi inteso come elemento indispensabile, rivolto a garantire una immutabilità della competenza territoriale dell’autorità procedente in una logica non solo di tutela del condannato, ma anche di ragionevole durata del processo stesso.



[1] Corte di Cassazione, sentenza del 16.12.2022, n. 47751.

[2] Nel caso concreto domanda di continuazione in executivis di sentenze di condanna differenti emesse nei confronti del medesimo soggetto.

[3] Corte di Cassazione, sentenza del 16.12.2022, n. 47751.

[4] Corte di Cassazione, sentenza del 30.06.2022, n. 30199 “tale competenza resta insensibile agli eventuali mutamenti che tale situazione può subire in virtù di altri successivi provvedimenti

[5] Corte di Cassazione, sentenza del 30.06.2022, n. 30199

[6] Corte di Cassazione, sentenza del 14.07.2011, n. 33122

[7] Corte di Cassazione, sentenza del 30.06.2022, n. 30199


Credits: Avv. Fabrizio Sardella,
Founder Name Partner
Criminal Law 231/2001
Compliance
Dott.ssa Giulia Fantinato
Trainee