Le più recenti novità normative inserite nel D.lgs. 231/01 nel corso dei primi mesi del 2023

Le modifiche di cui al Decreto c.d. “salva ILVA”, l’inserimento di un nuovo reato societario come presupposto ai fini della responsabilità da reato degli enti e le modifiche di cui al Decreto di recepimento della Direttiva UE 2019/1937 in materia di protezione del segnalante e whistleblowing.


Credits: Avv. Alexis Bellezza 


Abstract: nel corso del 2023 sono già stati adottati alcuni provvedimenti normativi che hanno impattato sul testo del D.lgs. 231/01, modificandolo. Il presente approfondimento è inteso a fornire una breve ricostruzione delle novità normative derivanti dalla conversione in legge del d.l. 5 gennaio 2023, n. 2, dalla pubblicazione del D.lgs. 2 marzo 2023, n. 19, recante “Attuazione della direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere” e dal Decreto di recepimento della Direttiva UE 2019/1937.  


Scopo del presente articolo è quello di svolgere una breve panoramica circa le più recenti innovazioni normative occorse in ambito di responsabilità degli enti da reato, con specifico riguardo agli interventi di modifica ed aggiornamento del testo del D.lgs. 231/01.

In particolare, merita di essere segnalato l’intervento operato nel contesto del c.d. Decreto “salva ILVA”, d.l. 5 gennaio 2023, n. 2, convertito con modificazioni dalla Legge 3 marzo 2023, n. 17, inteso ad inserire nel Decreto 231 nuove misure atte a tutelare le imprese c.d. di interesse strategico nazionale, dalla possibile applicazione di misure interdittive tali da pregiudicarne l’operatività e da avere riflessi significativamente negativi sull’occupazione e sull’interesse economico nazionale. L’art. 5 del Decreto legge n. 2/2023, infatti, ha apportato diverse modifiche al testo del D.lgs. 231/01.  

Invero, la riforma è intervenuta sull’art. 15 del D.lgs. 231/01, che disciplina i casi in cui la sanzione interdittiva tale da comportare l’interruzione dell’attività comminata a carico dell’ente possa essere sostituita dalla applicazione di un commissariamento giudiziale dell’impresa. Alle due preesistenti condizioni applicative, ossia quelle di cui alla lettera a), con riguardo all’ente che svolge attività di pubblico servizio o un servizio di pubblica utilità la cui interruzione sia passibile di provocare un grave pregiudizio alla collettività, ed alla lettera b) per i casi in cui l’interruzione dell’attività svolta dall’ente possa provocare, tenuto conto delle sue dimensioni e delle condizioni economiche del territorio in cui è situato, rilevanti ripercussioni sull’occupazione, è stata aggiunta una terza casistica alla lettera b-bis): “l'attività è svolta in stabilimenti industriali o parti di essi dichiarati di interesse strategico nazionale ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231”. La nuova disposizione precisa altresì che, nel caso di imprese che, a seguito della verificazione di reati che abbiano dato luogo all’applicazione della sanzione interdittiva, siano state ammesse all’amministrazione straordinaria (ai sensi dell’art. 1 del decreto-legge 5 dicembre 2022, n. 187), la prosecuzione dell’attività è comunque affidata al commissario già nominato nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria. La ratio dell’intervento normativo è improntata a garantire l’accesso al commissariamento, in luogo della possibile applicazione della sanzione interdittiva (passibile di precludere la prosecuzione dell’attività produttiva ed operativa), alle realtà imprenditoriali di tipo industriale dichiarate di interesse strategico nazionale. Corre l’obbligo di chiarire cosa il legislatore intenda allorché si riferisce al concetto di “stabilimento di interesse strategico nazionale”. Ebbene, detta qualifica può essere conseguita dall’ente qualora ricorrano le condizioni previste ai sensi dell’art. articolo 1 del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, il quale prevede che la Dichiarazione di interesse strategico nazionale di uno stabilimento debba avvenire tramite Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, provvedimento che viene adottato allorché lo stabilimento impieghi un numero di lavoratori subordinati non inferiore a duecento da almeno un anno e qualora sussista assoluta necessità di salvaguardia dell’interesse occupazionale e della produzione.

 La riforma ha altresì previsto l’inserimento di un nuovo comma in calce all’art. 17 del Decreto (Riparazione delle conseguenze del reato). Ed invero, il comma 1-bis dell’art. 17, aggiunto dall'articolo 5, comma 1, lettera b), del d.l. 5 gennaio 2023, n. 2, presenta una fondamentale clausola di esclusione dell’applicabilità delle sanzioni interdittive. Più specificamente, la norma prevede che non possano essere comunque mai applicate sanzioni interdittive a carico dell’ente allorché sia appurato che le stesse possano pregiudicare la continuità di azione di stabilimenti industriali, o anche solo di parti di essi, che siano dichiarati di interesse strategico nazionale ai sensi dell'articolo 1 del d.l. 3 dicembre 2012, n. 207, e quindi secondo l’iter ed i prerequisiti sopra descritti. La norma detta, però, una ulteriore condizione ai fini dell’attivazione della clausola di esclusione: l’ente deve aver rimediato alle carenze organizzative che hanno favorito la verificazione dell’illecito, e ciò mediante l’adozione e la concreta attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della medesima specie di quello verificatosi. Detta previsione giustifica la collocazione sistematica della norma all’interno della disciplina delle azioni rimediali di cui all’art. 17 del Decreto. L’ultimo capoverso, inoltre, introduce uno schema presuntivo, secondo il quale il modello organizzativo può dirsi sempre idoneo a prevenire i reati della specie di quello verificatosi allorché, nell’ambito della procedura atta al riconoscimento strategico nazionale, siano stati adottati provvedimenti diretti a realizzare, anche attraverso l’adozione di modelli organizzativi, il necessario bilanciamento tra le “esigenze di continuità dell’attività produttiva” e quelle legate alla salvaguardia dell’occupazione e alla tutela della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute, dell’ambiente e degli altri eventuali beni giuridici lesi dagli illeciti commessi. Detti provvedimento di bilanciamento devono quindi essere valutati dal Presidente del Consiglio dei Ministri in sede di decretazione. Il provvedimento con il quale lo stabilimento (o gli stabilimenti) viene definito “di rilevanza strategica nazionale” deve altresì contenere un inquadramento delle attività di bilanciamento.

Nondimeno, il d.l. n. 2/2023 ha previsto il collocamento di un ultimo periodo in calce all’art. 45, comma III del D.lgs. 231/01, in materia di misure cautelari. Il nuovo periodo va ad integrare la già esistente disposizione, secondo la quale, in luogo dell’applicazione di una misura cautelare interdittiva il giudice ha la facoltà di optare per la nomina di un commissario giudiziale ai sensi dell’art. 15, per un periodo di tempo pari alla durata della misura cautelare stessa. Il nuovo ed ultimo periodo dispone che: “La nomina del commissario di cui al primo periodo è sempre disposta, in luogo della misura cautelare interdittiva, quando la misura possa pregiudicare la continuità dell'attività svolta in stabilimenti industriali o parti di essi dichiarati di interesse strategico nazionale ai sensi dell'art. 1 del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231”.

Infine, il Decreto in esame ha aggiunto il nuovo comma 1-ter all’art. 53 del Decreto 231 (Sequestro preventivo), il quale dispone che nel caso in cui il sequestro abbia ad oggetto stabilimenti industriali o parti di essi che siano stati dichiarati di interesse strategico nazionale, debba farsi applicazione dell’art. 104-bis, commi 1-bis.1 e 1-bis.2, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale. Dette disposizioni sono state parimenti introdotte tramite il Decreto c.d. “salva ILVA”, e dispongono, rispettivamente: il comma 1-bis.1 che il Giudice, nel caso in cui il sequestro coinvolga stabilimenti industriali, parti di essi, ovvero impianti o infrastrutture necessari ad assicurarne la continuità produttiva, debba disporre la prosecuzione dell'attività avvalendosi di un amministratore giudiziario. La norma dispone altresì che il Giudice, qualora sia necessario al fine di realizzare il bilanciamento tra le esigenze di continuità produttiva ed i beni giuridici posti a rischio di pregiudizio, può dettare le prescrizioni necessarie, tenendo anche in considerazione quanto già disposto tramite i provvedimenti amministrativi adottati, per il medesimo fine, dalle autorità competenti. È bene notare che la norma, tuttavia, ha previsto che le disposizioni sin qui descritte non possano trovare applicazione alcuna qualora dalla prosecuzione dell’attività possa potenzialmente derivare un concreto pericolo per la salute o l’incolumità pubblica, ovvero per la salute e la sicurezza dei lavoratori, che non sia evitabile tramite alcuna prescrizione. Sempre nel solco di detto principio di giudizio, che attua un doveroso bilanciamento dei beni giuridici tutelati, anteponendo sempre e comunque le esigenze di sicurezza a quelle di carattere meramente economico, la normativa dispone altresì che il Giudice autorizza la prosecuzione dell’attività se, nell’ambito della procedura di riconoscimento dell’interesse strategico nazionale siano state adottate misure per tramite delle quali si sia ritenuto realizzabile il corretto bilanciamento tra le esigenze di attività produttiva e quelle legate alla salvaguardia di occupazione, salute e sicurezza, salute, ambiente, e altri beni giuridici eventualmente lesi dagli illeciti oggetto della contestazione a carico dell’ente. Infine, la norma struttura un’azione di coordinamento tra autorità giudiziaria ed amministrativa, prevedendo esplicitamente che il Giudice debba trasmettere entro quarantotto ore i provvedimenti di cui sopra alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero delle imprese e del made in Italy e al Ministero dell'ambiente e della sicurezza. La ratio di coordinamento trova invero spazio anche nel comma 1-bis.2, il quale prevede che, nel caso in cui tramite i provvedimenti di cui al comma 1-bis.2 il Giudice abbia escluso o revocato l’autorizzazione alla prosecuzione dell’attività ovvero negato la stessa in sede di istanza di revoca, modifica o rivalutazione del sequestro disposto precedentemente, ed abbia fatto ciò nonostante, nel corso della procedura di riconoscimento della caratteristica di stabilimento di interesse strategico nazionale, fossero state applicate misure di bilanciamento, la facoltà di impugnare la decisione ai sensi dell’art. 322-bis c.p.p. spetti anche alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministero delle imprese e del made in Italy ed al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica. Sull’eventuale appello avverso il provvedimento decide il Tribunale di Roma in composizione collegiale.

Formulando un giudizio complessivo sull’intervento riformatore, pare di comprendere, anche in considerazione del contesto in cui il legislatore ha emanato i suesposti interventi riformativi del D.lgs. 231/01, che la ratio sottesa sia mirata a sacrificare, quantomeno parzialmente, le ragioni della cogenza normativa e della funzione general-preventiva della disciplina della responsabilità degli enti da reato, in favore della tutela di interessi di carattere economico ed occupazionale di rango nazionale. Ciò senza mai, tuttavia, trascurare la tutela di salute e sicurezza, ambiente, ed altri beni giuridici sovraordinati rispetto agli stessi.

Altra importante novità è rappresentata dall’inserimento di un nuovo reato presupposto nella disciplina del D.lgs. 231/01. Il D.lgs. 2 marzo 2023, n. 19, recante “Attuazione della direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 7 marzo 2023, prevede, tra le altre disposizioni, l’inserimento di un nuovo illecito nel novero dei “Reati societari” ai sensi dell’art. 25-ter del D.lgs. 231/01.

In particolare, il Decreto, all’art. 55 comma I lett. c) prevede che al comma 1, lett. s-ter) dell’art. 25-ter sia inserito il reato di “false o omesse dichiarazioni per il rilascio del certificato preliminare previsto dalla normativa attuativa della direttiva (UE) 2019/2121”. La sanzione pecuniaria applicata prevede margini edittali che oscillano tra le 150 e le 300 quote.

Viene altresì modificato il comma I dell’art. 25-ter, che ora richiama, oltre ai reati societari di cui al codice civile, anche quelli compresi in “altre leggi speciali”, con espresso riferimento all’illecito di cui sopra.

Quanto al nuovo illecito presupposto in questione, preme evidenziare che il certificato preliminare di cui alla Direttiva (UE) 2019/2021 è quello richiamato dall’art. 29 del Decreto attuativo, ossia un certificato che deve necessariamente essere rilasciato dal Notaio incaricato alla società italiana coinvolta in un’operazione di fusione transfrontaliera, attestante il regolare adempimento delle formalità previste dalla legge per la realizzazione dell’operazione straordinaria. Per tale ragione, l’art. 54 del Decreto attuativo ha altresì previsto l’introduzione di una nuova fattispecie penale, atta a sanzionare le condotte di falsificazione ed omissione di dichiarazioni nell’ambito del conseguimento del summenzionato certificato preliminare. In particolare, la norma punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni, la condotta di “chiunque, al fine di far apparire adempiute le condizioni per il rilascio del certificato preliminare di cui all’articolo 29, forma documenti in tutto o in parte falsi, altera documenti veri, rende dichiarazioni false oppure omette informazioni rilevanti”. Il legislatore ha ritenuto, correttamente, che le condotte integranti detta fattispecie di reato potessero, in concreto, accompagnarsi al perseguimento di un interesse o vantaggio in capo alla società interessata dall’operazione straordinaria. Sicché ha deciso di ricomprendere l’illecito tra i reati societari rilevanti ai sensi del D.lgs. 231/01.

Corre l’obbligo di evidenziare che le disposizioni transitorie e finali di cui al Decreto di recepimento hanno previsto che l’effettivo ingresso in vigore della nuova normativa troverà attuazione a decorrere dal 3 luglio 2023. Pertanto, con riferimento alle fusioni transfrontaliere in relazione alle quali una delle società coinvolte abbia sviluppato e pubblicato il progetto di fusione prima di tale data, continua a trovare applicazione il D.lgs. 108 del 2008. In particolare, prevede l’art. 56, comma I, che “Le disposizioni del presente decreto, salvo che sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 3 luglio 2023 e si applicano alle operazioni transfrontaliere e internazionali nelle quali nessuna delle società partecipanti, alla medesima data, ha pubblicato il progetto”.

Infine, occorre dare atto delle modifiche apportate al testo del D.lgs. 231/01 ad opera del Decreto di recepimento della Direttiva UE 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione. In particolare, il Decreto, ancora in attesa di definitiva pubblicazione ma ormai approvato nella sua versione definitiva in data 09.03.2023, prevede la sostituzione dell’attuale comma 2-bis dell’art. 6 del Decreto con la seguente, nuova, formulazione: “2-bis. I modelli di cui al comma 1, lettera a), prevedono, ai sensi del decreto legislativo attuativo della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019, i canali di segnalazione interna, il divieto di ritorsione e il sistema disciplinare, adottato ai sensi del comma 2, lettera e)”. Parimenti, la norma prevede l’abrogazione dei commi 2-ter e 2-quater dell’art. 6 del Decreto 231. Tali modifiche produrranno effetti a partire dal 15 luglio 2023, come previsto dalle disposizioni transitorie e di coordinamento di cui all’art. 24, che prevedono una vacatio legis di quattro mesi. Pertanto, alle segnalazioni o alle denunce all’autorità giudiziaria o contabile effettuate precedentemente alla data di entrata in vigore, nonché a quelle effettuate fino al 14 luglio 2023, nel settore privato continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 6, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto legislativo n. 231 del 2001 e all’articolo 3 della legge n. 179 del 2017.


Credits: Avv. Alexis Bellezza