Emergenza COVID-19: Le conseguenze penali in tema di autodichiarazione.



ABSTRACT

A causa dell’emergenza dovuta alla rapida diffusione del COVID-19 il Governo ha limitato gli spostamenti sul territorio solo per specifici motivi. In questa fase emergenziale al cittadino sono imposte severe limitazioni della sua libertà di movimento costituzionalmente garantita (art. 16) a tutela della salute pubblica (art. 32). Durante un controllo da parte delle Autorità competenti egli potrebbe, dunque, incorrere in diverse violazioni anche di carattere penale. L’ Autorità competente può effettuare controlli sulle motivazioni degli spostamenti dei cittadini. Le dichiarazioni rese all’organo accertatore da parte del cittadino potrebbero avere rilevanza penale configurando diverse fattispecie nell’ambito dei reati di falso. A tal fine, sul sito del Ministero dell’Interno è disponibile il modulo di autodichiarazione da consegnare alle Autorità che viene aggiornato in conseguenza dei nuovi Decreti.



A seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 19/2020[1] (e del prossimo DPCM già pubblicato in Gazzetta ma in vigore dal 4 maggio) il Governo ha razionalizzato le misure di contenimento della diffusione del virus estendendo il divieto di spostamento delle persone, limitando così la libertà di circolazione garantita dall’art. 16 Cost.

In questo approfondimento intendiamo soffermarci sulla rilevanza penale delle condotte relative alle dichiarazioni mendaci a seguito di un controllo legittimo da parte della Pubblica Autorità.

Le Autorità competenti stanno svolgendo una serrata attività di vigilanza, sottoponendo il cittadino a controlli per verificare se si sta spostando dal domicilio per uno dei motivi consentiti. 

Come ormai noto, infatti, la popolazione è libera di muoversi sul territorio solo per:

  • comprovate esigenze lavorative (per spostamenti all'interno della medesima Regione)
  • assoluta urgenza (per gli spostamenti tra Regioni)
  • situazioni di necessità;
  • motivi di salute.

In primo luogo è bene osservare che il tema dell’autodichiarazione (o autocertificazione) non viene mai menzionato in alcun provvedimento avente forza di legge.

Si tratta, invero, di una facoltà espressamente prevista da una Direttiva[2] del Ministero dell’Interno ai Prefetti in relazione ai controlli nel territorio sul quale l’operatore di polizia verifica la legittimità di tale spostamento. Quindi quello in discussione non è provvedimento legislativo, ma rientra tra gli atti interni della Pubblica Amministrazione. 

La direttiva richiama il DPR 445/2000 che, come noto, disciplina le autocertificazioni e, specificamente, le dichiarazioni sostitutive di certificazione (art. 46 DPR 445/2000) e le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà (art. 47 DPR 445/2000).

Nel prosieguo della trattazione cercheremo di verificare se le dichiarazioni sui motivi dello spostamento individuale possano farsi rientrare in una delle due categorie.

La legittimità dello spostamento può essere verificata secondo diverse modalità: in alcuni casi, ad esempio, non sarà nemmeno necessario ricorrere all’autodichiarazione poiché evidente ictu oculi il motivo dello spostamento (si pensi al cittadino sottoposto al controllo non appena uscito dal supermercato). In altri, invece, il cittadino potrà attraverso l’autodichiarazione fornire ragioni a sostegno dei propri movimenti, sia attraverso un’autodichiarazione scritta già compilata in casa, sia sul momento avanti all’agente accertatore.

Incombe su di lui, infatti, l’onere di dimostrare che il suo spostamento è consentito in base alla vigente normativa.

In via generale, le informazioni da fornire all’accertatore possono rientrare in quattro macro aree

  • informazioni sulla propria identità;
  • informazioni sulle proprie conoscenze rispetto ai provvedimenti aventi forza di legge di natura governativa e regionale;
  • informazioni sullo stato di salute;
  • informazioni sui motivi dello spostamento.

Si badi, inoltre, che ai sensi dell’art. 1 del nuovo D.L. è data facoltà anche alle Regioni di emettere provvedimenti vincolanti ed anche più stringenti rispetto alla norma di carattere generale e che nel modulo di autodichiarazione il cittadino deve anche indicare la propria Regione di "appartenenza", nonché la conoscenza dei provvedimenti emessi nel contesto regionale.

Infatti, nel nuovo modulo il cittadino dovrà anche indicare di essere a conoscenza non solo del D.L., ma anche dei provvedimenti emessi ai sensi de artt. 1 e 2 del decreto legge 25 marzo 2020, n.19

Ove non sia possibile accertare la legittimità dello spostamento, questo sarà ritenuto non consentito.

Se a seguito del controllo, pertanto, l’operatore rileverà elementi tali da far ritenere che siano state violate le regole dettate dalla legge allora procederà ad elevare la sanzione amministrativa o trasmetterà gli atti all’autorità giudiziaria nei casi previsti (es. violazione della quarantena).

Ma è bene ribadire che la responsabilità penale sussiste solo nei casi di mancato rispetto degli obblighi sugli spostamenti e non di mancato rilascio di autodichiarazione.

Le due questioni infatti si muovono su piani diversi.

Per le dichiarazioni false sono astrattamente configurabili due distinte fattispecie penali disciplinanti i reati di falso.[3]

La prima fattispecie che viene in rilievo è quella prevista dall’art. 495 c.p.[4]

Tale reato consiste nella condotta di chi dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale alcune condizioni che concorrono a determinare la certezza dell'identificazione personale, quali l'identità, lo stato o altre qualità della propria o dell'altrui persona.

Al secondo comma[5] del medesimo articolo è poi previsto un aggravamento di pena ove si tratti di dichiarazioni in atti dello stato civile o se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa all'autorità giudiziaria da un imputato o da una persona sottoposta ad indagini, ovvero se determina l'iscrizione di una decisione penale nel casellario giudiziale sotto falso nome. Tra queste informazioni possono rientrare anche quelle riguardanti il proprio stato di salute (essere affetti da Covid-19) ed alla propria condizione (essere sottoposti alla quarantena).

Si tratta di un delitto la cui sanzione nel massimo edittale risulta particolarmente grave.

A livello processuale, il reato è procedibile d’ufficio ed è di competenza del Tribunale in composizione monocratica previa udienza preliminare. Non è consentito il fermo, mentre l’arresto in flagranza è facoltativo, mentre sono consentite le misure cautelari personali tra cui la custodia cautelare in carcere.

La seconda fattispecie che viene ipoteticamente in rilevo è quella prevista dall’art. 483 c.p. rubricato “Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico[6] e che rientra nell’ambito della seconda e della terza area.

In questo caso, infatti, la falsità della dichiarazione non riguarderebbe la qualità personali o l’identità, come nel caso di cui all’art. 495 c.p., bensì è rivolta ai motivi per i quali il soggetto si trova al di fuori del proprio domicilio ed alle sue conoscenze su obblighi e doveri.

Il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico consiste nel fatto di chi attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità.

Nella sostanza, sussiste il delitto qualora l'atto pubblico, nel quale la dichiarazione del privato è stata trasfusa, sia destinato a provare la verità dei fatti attestati, e cioè quando una norma giuridica obblighi il privato a dichiarare il vero ricollegando specifici effetti all'atto-documento nel quale la sua dichiarazione è stata inserita dal pubblico ufficiale ricevente.[7]

Il bene giuridico tutelato dal reato in commento, infatti, consiste nella pubblica fede documentale, con particolare riguardo al dovere del privato di attestare al pubblico ufficiale la verità in ordine a fatti rilevanti dal punto di vista giuridico e destinati ad essere documentati a fini probatori nell'atto pubblico.

Il reato si consuma non nel momento della dichiarazione, ma nel momento in cui il Pubblico Ufficiale la trasfonde nell’atto pubblico.[8]

Peraltro, occorre evidenziare che il reato si consuma solo quando ha ad oggetto dichiarazioni su fatti già avvenuti e non su manifestazioni di volontà o intenti futuri. Cioè, il reato non sussiste ove il soggetto dichiarante affermi di aver intenzione di compiere una determinata azione (ad es. recarsi al supermercato, in ufficio, etc..).

Come indicato, inoltre, nella Direttiva data ai Prefetti dal Ministero dell’Interno, l’accertamento sulla veridicità di quanto dichiarato ovvero attestato nel modulo di autodichiarazione potrà essere svolto anche ex post.

Il reato è punito a titolo di dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di attestare falsamente al pubblico ufficiale fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, nonché nella consapevolezza da parte del soggetto agente di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero.

Dal punto di vista processuale il reato è procedibile d'ufficio ed è di competenza del tribunale in composizione collegiale. Non sono consentiti il fermo e l'arresto in flagranza e non è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali.

Schematizzando quanto suesposto, le dichiarazioni riguardano:

  • la conoscenza delle misure di contenimento di cui al D.L. 19/2020 concernenti gli spostamenti;
  • la dichiarazione di non essere sottoposto alla misura della quarantena e di non essere risultato positivo al COVID-19;
  • la conoscenza delle sanzioni previste dal D.L. 19/20 in caso di inottemperanza alle suddette misure;
  • l’indicazione del luogo ove ha avuto inizio lo spostamento.
Le dichiarazioni riguardano, inoltre, i motivi dello spostamento e segnatamente:
  • comprovate esigenze lavorative;
  • assoluta urgenza,
  • situazioni di necessità;
  • motivi di salute.

Tuttavia, come anticipato, permangono alcuni dubbi di fondo circa la possibilità di contestare il reato di cui all’art. 483 c.p. in relazione all’art. 76 DPR 445/2000 al soggetto che dia informazioni mendaci sui motivi dello spostamento.

Infatti il delitto di cui all’art. 483 c.p. sussiste qualora “l'atto pubblico, nel quale la dichiarazione del privato è stata trasfusa, sia destinato a provare la verità dei fatti attestati e, cioè, quando una norma giuridica obblighi il privato a dichiarare il vero ricollegando specifici effetti all'atto-documento nel quale la sua dichiarazione è stata inserita dal pubblico ufficiale ricevente.[9]

Invero, le dichiarazioni concernenti le ragioni dello spostamento non sono assimilabili a quelle del catalogo di cui all’art. 46 DPR n. 445/2000 che, invece, riguarda: stati, qualità personali e fatti contenuti in registri pubblici, quali, ad esempio, la data e il luogo di nascita; la residenza; la cittadinanza; il godimento dei diritti civili e politici; lo stato di celibe/coniugato/vedovo o stato libero; l’iscrizione in albi o in elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni; titoli di studio, qualifiche professionali possedute e, infine, le situazioni reddituali.

Stesso discorso in relazione alla dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà ex art. 47 DPR 45/2000 che riguarda concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessate e che nulla ha a che vedere con le ragioni dei propri spostamenti.

Tali considerazioni fanno propendere, dunque, per una lettura più aderente al principio di legalità in materia penale, non potendo queste situazioni essere estese (rectius analogicamente ricondotte) alla categoria generale dell’autocertificazione di cui al DPR 45/2000.[10]

Pertanto, residuerebbe solo l’art. 495 c.p. ove la falsità riguardi esclusivamente “identità, stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona”.

Da ultimo, occorre comunque evidenziare che secondo il recente orientamento giurisprudenziale[11] nella nozione di qualità personali di cui al descritto art. 495 c.p., rientrano anche le altre qualità che pure contribuiscono ad identificare le persone, quali, ad esempio, la professione, l'ufficio pubblico ricoperto e simili.

Pertanto, nei casi di dichiarazioni mendaci sui motivi dello spostamento che si rivelassero false, porterebbero più correttamente alla contestazione del più grave art. 495 c.p. solo con riferimento ai motivi di lavoro e non negli altri casi, a cui si aggiungerebbe il concorso con la nuova sanzione di natura amministrativa per inosservanza del provvedimento governativo che limita gli spostamenti delle persone ed alcune attività economiche.

Inoltre, come già evidenziato da parte della dottrina più autorevole, i reati di falso si pongono in contrasto, almeno astrattamente, con il principio del “nemo tenetur se detegere” che, appunto, garantisce all'individuo il diritto di non auto accusarsi. In questo senso, si pensi alla dichiarazione mendace data all'accertatore sui motivi dello spostamento. Pare evidente il contrasto con suddetto principio dal momento che il soggetto agente compie due violazioni: la prima quella di cui all’art. 4 D.L. 19/20 per aver violato il divieto di spostamento; la seconda (autoincriminandosi) sull'insussistenza dei motivi legittimi per spostarsi di cui alla Legge.

Il quadro normativo è in continuo mutamento, pertanto, occorrerà valutare di volta in volta quali e quante limitazioni vengono introdotte o espunte nel e dall'Ordinamento e, soprattutto, non affidarsi ad una interpretazione delle norme per criteri astratti dovendo, piuttosto, valutare ogni fatto nella sua concretezza.

Credits

Avv. Giuseppe Mangiameli

Associate

Attorney Criminal Law


[1] Recante “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19”.  

[2] N. 15350/117. “Nella logica di responsabilizzazione dei singoli, cui si è fatto sopra cenno, si ritiene che tale onere potrà essere assolto producendo un’autodichiarazione ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, che potrà essere resa anche seduta stante attraverso la compilazione dei moduli appositamente predisposti in dotazione agli operatori delle Forze di polizia e della Forza pubblica.”

[3] Per vero, nella prima fase quantomeno precedente al D.L. 19/20 anche nei moduli di autodichiarazione erano espressamente indicate entrambe. Oggi, invece, rimane solo il richiamo all’art. 495 c.p.

[4] Comma 1: “Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l'identità, lo stato o altre qualità della propria o dell'altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni.”

[5] Comma 2: “La reclusione non è inferiore a due anni:

1) se si tratta di dichiarazioni in atti dello stato civile;

2) se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa all’autorità giudiziaria da un imputato o da una persona sottoposta ad indagini, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto falso nome.”

[6]Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni.Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a tre mesi.”

[7] V. Cass. Pen., sez. V, 18279/2014.

[8] V. Cass. Pen., sez. VI, n. 12298/2012.

[9] Cass. pen., sez. II, 12 gennaio 2012, n. 4970; da ultimo Cass. pen., sez. un., 28 giugno 2007, n. 35488.

[10] M.Grimaldi, Covid-19: la tutela penale dal contagio, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 4.

[11] V. Cass. Pen., sez. V, n. 19695/2019.