La posizione della Corte di Cassazione sull'inapplicabilità della sospensione condizionale della pena alle sanzioni inflitte all'ente

Credits: Avv. Fabrizio Sardella, Dott.ssa Sara Mensi


ABSTRACT

La Corte di Cassazione conferma il suo orientamento circa l’inapplicabilità della sospensione condizionale della pena alle sanzioni inflitte agli enti a seguito dell’accertamento della responsabilità da reato, ai sensi del d.lgs. 231/2001, data la loro natura amministrativa.

Corte di Cassazione: Sentenza n. 30305 del 23 settembre 2020 - Sez. III dep. 2 novembre 2020 - Fonte: Rivista 231



Il Decreto Legislativo 231/2001, da oramai vent’anni, ha come obiettivo principale quello di assicurare la legalità nel fare impresa. Nonostante il tempo trascorso permangono alcune criticità che dipendono da alcuni vuoti normativi nella disciplina di cui al D.lgs 231/2001.

Nel presente contributo s’intende affrontare la questione relativa alla possibile applicazione o meno alle persone giuridiche del beneficio della sospensione condizionale della pena.

In questo senso l’indagine da svolgersi è quello di considerare la pena non solo in senso strettamente retributivo o general-preventivo ma come generale trattamento di risocializzazione del condannato come sancito esplicitamente dall’art. 27 della nostra Carta Costituzionale.

L’istituto della sospensione condizionale ha come ratio quella di rispondere alle esigenze di tutela della collettività, mirando a distogliere il reo dalla commissione di ulteriori reati, attraverso la minaccia di esecuzione della pena inflitta a seguito di condanna.

Il potere di applicazione di tale beneficio, anche in presenza di una condanna ad una pena che rientri nei limiti imposti dalla legge, ex art. 163 c.p., è rimesso alla valutazione discrezionale del giudice di merito.

La valutazione comporta un giudizio di prognosi, positiva o negativa circa il ravvedimento del soggetto condannato. La discrezionalità della valutazione può basarsi anche esclusivamente sulla gravità del reato, che da sola può escludere la presunzione che il soggetto si asterrà dal commettere altri reati. Per suddetta valutazione, quindi, non è necessario che il giudice prenda in esame tutti gli elementi indicati nell’art. 133 c.p.

Tuttavia, la Suprema Corte con la Sentenza n. 30305 del 23 settembre 2020 - Sez. III dep. Il 2 novembre 2020 ha recentemente ribadito il proprio consolidato orientamento[1] secondo il quale, “l'istituto della sospensione condizionale della pena non è applicabile alle sanzioni inflitte agli enti a seguito dell'accertamento della relativa responsabilità da reato ai sensi del d. lgs. n. 231 del 2001, la cui natura amministrativa non consente l'applicabilità di istituti giuridici specificamente previsti per le sanzioni di natura penale”.

Il caso

Il giudice dell'esecuzione del Tribunale di Bari adito per la correzione di un errore materiale di una sentenza del Gip del Tribunale di Bari, mediante inserimento del beneficio della sospensione condizionale della pena in relazione alla sanzione amministrativa disposta nei confronti della società interessata, di cui l'istante era rappresentante legale pro tempore, con un’ordinanza rigettava la domanda.

Avverso suddetta ordinanza del Gip del Tribunale di Bari si proponeva ricorso presso la Corte di Cassazione deducendo un unico motivo di impugnazione e cioè, l’inosservanza delle norme di cui agli artt. 133 e 163 c.p., artt. 3 e 444 c.p.p..

La richiesta di patteggiamento cui era seguita la sopra citata sentenza del Gip del Tribunale di Bari, con la quale era stata tra l'altro applicata, ai sensi della d.lgs. n. 231 del 2001, la sanzione amministrativa di euro 60.000, senza contestuale disposizione del beneficio della sospensione condizionale, era condizionata all’applicazione di quest'ultima. Pertanto, ove il Gip avesse ritenuto illegittima la predetta richiesta avrebbe dovuto limitarsi a respingere la medesima con riguardo alla posizione della società. A fronte di ciò, la difesa aveva avuto modo di conoscere della esecutività della sanzione amministrativa - priva del beneficio della pena sospesa - solo a seguito della notifica della cartella esattoriale di pagamento della sanzione, ritenendo da quel momento che l'omissione in dispositivo della sospensione condizionale della pena fosse solo frutto di un mero errore del Gip, con conseguente richiesta di correzione dell'errore materiale, non spettando al ricorrente farsi interprete di una decisione dell'A.G. che aveva ratificato in toto la richiesta ex art. 444 c.p.p..

Conclusioni

Orbene, sono i requisiti di carattere soggettivo ossia la ritenuta natura amministrativa della sanzione inflitta all’ente ad aver impedito, secondo la decisione assunta dalla Suprema Corte, l’applicazione del beneficio in esame. È necessario considerare, però, come sulla natura della responsabilità dell’ente si sia divisa la dottrina la quale, riconosce in parte una forma di responsabilità amministrativa[2]; in parte penale[3] – considerando che le sanzioni previste dal d.lgs. 231/2001 hanno un obiettivo deterrente e repressivo, sono dotate di un elevato grado di afflittività sia per la misura edittale dell’importo pecuniario sia per il carattere severo delle ulteriori e connesse misure interdittive e ablatorie nonché sono stabilite a presidio di valori particolarmente rilevanti – ; in parte, ancora, profili dell’una e dell’altra forma[4].

Non solo, anche la Corte EDU con la nota sentenza “Engel” del 8 giugno 1976 ha esplicato i criteri di tipo sostanziale e funzionale alla stregua dei quali le misure punitive devono essere qualificate come penali, ai fini della verifica del rispetto delle garanzie convenzionali stabilite per tale categoria di sanzioni, individuando i seguenti parametri: qualificazione giuridico formale dell’infrazione nel diritto interno o dell’Unione; natura dell’infrazione e degli interessi presidiati; carattere e grado di severità della sanzione.

La sanzione pecuniaria prevista dal d.lgs. 231/2001 rappresenta un’obbligazione pecuniaria, ma non è riconducibile a un modello di obbligazione civilistica. Difatti, tale sanzione ha natura afflittiva e retributiva[5] perché finalizzata alla tutela di interessi generali. Per questo, riveste natura sostanzialmente penale come emerge dalla circostanza per cui i criteri di commisurazione della sanzione, ai sensi dell’art. 11, d.lgs. 231/2001, sono i medesimi indicati nell’art. 133 c.p. ed essendo che viene comminata all’esito di un processo penale da un giudice penale.

Pertanto, non sussistono concreti e reali ostacoli a sospende condizionalmente la sanzione inflitta all’ente se non un mero aspetto formale consistente nell’assenza di un espresso richiamo del codice penale da parte del d.lgs. 231/2001.

Credits:
Avv. Fabrizio Sardella
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Criminal Law 231/2001 Compliance
Dott.ssa Sara Mensi
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Criminal Law

[1] Suprema Corte n. 42503 del 25.06.2013, Suprema Corte n. 10822 del 20.03.2012.

[2] F. PALAZZO, Corso di diritto penale, Torino, 2006.

[3] G. FIANDACA – E. MUSCO, Diritto penale, Bologna, 2009.

[4] M. RONCO, Diritto penale dell’impresa, Bologna, 2009.

[5] GENNAI e TRAVERSI, La responsabilità degli enti, Milano, 2001