La Suprema Corte di Cassazione è tornata sul criterio di imputazione della responsabilità ex D.lgs. n. 231 del 2001 per i reati colposi di evento per violazione delle norme antinfortunistiche (art. 25-septies del D.lgs. n. 231 del 2001).

Credits: Avv. Riccardo Dimiziani

ABSTRACT

Il Giudice di legittimità torna sul criterio di imputazione della responsabilità amministrativa degli enti per reati colposi e con l’occasione ribadisce diversi punti fermi in materia, tra cui il c.d. tertium genus dell’istituto della responsabilità amministrativa degli enti, ravvisando i presupposti del medesimo anche in assenza della sistematicità delle violazioni.




Il caso

La vicenda si svolgeva all’interno di un capannone dove una società era chiamata ad operare su incarico della committente.

I due lavoratori dipendenti della società appaltatrice si erano recati sulla copertura del capannone e, a seguito di una pressione su alcuni dei pannelli che lo componevano, erano caduti rovinosamente dall’altezza di tre metri sul solaio.

Dalle indagini era emerso che, per “velocizzare” i lavori, era stato deciso di far passare tramite il solaio un braccio di autopompa per la gittata del cemento all'interno, senza che però questo fosse previsto dal progetto iniziale.

Sempre per ragioni di rapidità veniva poi omesso di informare il responsabile della sicurezza della committente oltre a non svolgere le attività formative obbligatorie per legge. Anche sulla fornitura dei D.P.I. venivano riscontrate diverse omissioni e criticità.

Più specificamente, la società appaltatrice veniva incaricata improvvisamente per velocizzare la realizzazione del capannone sostituendo in tempi rapidi un’altra impresa inizialmente contattata per lo stesso lavoro.

L’incarico alla seconda società veniva peraltro attribuito senza rispettare il progetto originario.

L’Imputazione e le rispettive aree di responsabilità

L’Autorità giudiziaria decideva instaurare un procedimento penale sia a carico della società committente che della società appaltatrice individuando, per ciascuna delle due imprese, diversi profili di interesse e/o vantaggio illecito.

Per la società appaltatrice (datore di lavoro degli infortunati), secondo la tesi accusatoria, il vantaggio sarebbe consistito nell’aver ottenuto la commessa sostituendosi alla società inizialmente incaricata con contratto; secondo l’accusa la commessa veniva assunta con il beneficio di non sopportare i costi relativi al rispetto delle normative antinfortunistiche.

Per la committente l’interesse illecito veniva identificato nell’accelerazione dei tempi di ultimazione del cantiere ottenuta con il cambiamento del progetto originario.

La decisione di appello veniva impugnata con ricorso per cassazione dalla difesa della società committente; argomento difensivo principale era il carattere estemporaneo della decisione di rivolgersi alla società appaltatrice senza aver previamente verificato la sua affidabilità tecnica e professionale.

Più precisamente, secondo l’assunto difensivo, l’imputazione di responsabilità amministrativa potrebbe prendere le mosse da un reato colposo commesso nell’interesse od a vantaggio dell’ente a seguito di una specifica e deliberata “politica” di impresa; da qui, secondo la difesa, dovrebbe venire meno la rilevanza penale delle condotte “estemporanee”.

La decisione della Suprema Corte di Cassazione[1]

Il Giudice di legittimità ha quindi preso in esame il principale motivo di impugnazione, approfondendo la questione della sistematicità delle condotte poste in essere dall’ente.

Sul punto ha affermato come l’irrilevanza di quelle condotte occasionali od isolate comprometterebbe in modo eccessivo l’applicazione del D.lgs. n. 231 del 2001 in merito alla responsabilità dell’impresa.

La Corte espone una motivazione più articolata evidenziando che il termine della condotta “sistematica” sia troppo generico per poter definire con sufficiente precisione la condotta rilevante cui attribuire il disvalore penale.

Non solo, la Cassazione puntualizza chiarendo anche che tra i due presupposti di imputazione oggettiva di cui all’art. 5 del D.lgs. n. 231 del 2001, quello rilevante per la soluzione della questione in esame è proprio l’interesse.

Ciò poiché l’interesse, inteso come parametro meramente finalistico da considerare ex ante rispetto alla condotta, può benissimo ricorrere anche in episodi isolati e/o occasionali.

Oltre a quanto sopra, la Suprema Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire i seguenti principi di diritto che si possono ritenere pacificamente consolidati.

In primis è stato affermato come interesse e vantaggio sono alternativi e concorrenti tra loro, in quanto il primo esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile ex ante, cioè al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo; diversamente, il vantaggio è un connotato oggettivo, come tale valutabile ex post, sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell’illecito.

Nelle fattispecie di cui all’art. 25-septies D.lgs. n. 231 del 2001, i criteri di imputazione oggettiva possono essere riferiti alla condotta del soggetto anziché all’evento, essendo rilevante e sufficiente la consapevolezza dell’agente di venire meno ad una regola cautelare; non è necessario che l’interesse od il vantaggio derivino dall’evento lesivo cagionato dalla negligenza (in questo, come in altri casi, le lesioni occorse ai lavoratori).

In ultimo, l’interesse e/o vantaggio rilevante per un’imputazione ai sensi del D.lgs. n. 231 del 2001 può essere ravvisato in tutte le seguenti ipotesi:

- risparmio di risorse economiche conseguente alla mancata predisposizione dei procedimenti e dei presidi di sicurezza;

- incremento economico conseguente all’incremento della produttività non ostacolata dal rispetto della normativa prevenzionale;

- nel risparmio sui costi di consulenza, sugli interventi strumentali, sulle attività di formazione e informazione del personale;

- nella velocizzazione degli interventi di manutenzione e di risparmio sul materiale.

Credits:
Avv. Riccardo Dimiziani
Associate
Attorney 231/2001 Compliance

[1] Cass.ne Penale Sez. IV n. 29854 del 22 settembre 2020