Omesso versamento di ritenute certificate ex art. 10 bis del D.lgs. n. 74 del 2000: crisi di liquidità e presentazione di domanda di concordato preventivo. Scriminano?


ABSTRACT

Alcune brevi note sul reato di omesso versamento di ritenute certificate previsto dall’art. 10 bis del D.lgs. n. 74 del 2000. Le sentenze recenti indicano i presupposti per poter applicare la scriminante di cui all’art. 45 c.p. (forza maggiore), determinata da una crisi di liquidità, o la causa di giustificazione ex art. 51 c.p. (adempimento di un dovere), ravvisabile quando sia stata depositata la domanda di concordato preventivo con il conseguente venir meno dell’obbligo di adempiere alle obbligazioni scadute. Le interpretazioni della Corte di Cassazione seguono la scia della perdurante crisi economica e rappresentano l’approdo attuale dell’esegesi giudiziale.



La fattispecie

La norma in esame può essere definita un reato proprio sebbene la parte introduttiva della norma faccia riferimento a “chiunque” poiché la condotta incriminata può essere compiuta solo dal soggetto chiamato a svolgere il ruolo di sostituto d’imposta.

Va da sé che, con maggiore frequenza, questo soggetto coincida con il legale rappresentante dell’ente.

Venendo, invece, agli elementi materiali del reato, è bene precisare innanzitutto il tipo di condotta omissiva che vede il momento consumativo nel giorno successivo alla scadenza ultima per il versamento delle imposte mediante il noto modello dell’agenzia delle entrate.

A voler essere precisi si potrebbe anche parlare di fattispecie a formazione progressiva, poiché prima del mancato pagamento è comunque necessario che sia stata emessa la ritenuta ed il successivo rilascio della certificazione.

In considerazione della scadenza del debito tributario si può poi definire la fattispecie come un reato istantaneo.

Per quanto attiene l'elemento soggettivo la norma, a differenza di altri illeciti tributari, richiede il dolo generico.

La crisi di liquidità

I difensori degli imputati per il delitto di omesso versamento richiamano l’intercorsa crisi di liquidità come ragione scriminante, ai sensi dell’art. 45 c.p.

Pur tuttavia, è d’obbligo puntualizzare come la giurisprudenza (specie di legittimità) abbia ormai precisato in quali casi la crisi di liquidità possa effettivamente determinare un’esclusione della penale responsabilità dell’imputato.

Giova, in primo luogo, richiamare la pronuncia a Sezioni Unite n. 37425 del 28 marzo 2013 con cui è stato affermato il principio secondo cui la crisi di liquidità potrebbe operare come scriminante solo quando non sia stata determinata da una scelta deliberata del soggetto chiamato ad assolvere l'obbligo tributario.

Andando a ritroso, un arresto precedente[1] ha sancito come non possa essere sufficiente allegare un’improvvisa difficoltà economica poiché l’omesso versamento di ritenute certificate consiste in un’appropriazione indebita di somme altrui (sia pure in forma omissiva).

Come noto, il ruolo del sostituto d’imposta è quello di anticipare il versamento della provvista necessaria per l’assolvimento dell’obbligazione tributaria nell’interesse di un terzo[2].    

In questo senso, il delitto di omesso versamento di ritenute certificate si differenzia dalla fattispecie di mancato pagamento dell’imposta sul valore aggiunto; per l’I.V.A., infatti, la crisi di liquidità potrebbe essere ricondotta più agevolmente alla forza maggiore, dimostrando che il mancato pagamento è stato determinato dal mancato incasso dell’I.V.A. a credito[3].

Chiariti i termini della questione si può concludere sul punto affermando che la crisi di liquidità può essere assimilata alla forza maggiore quando questa non sia attribuibile e/o voluta dall’imputato e quando costui possa dimostrare di aver adottato tutti i mezzi necessari e possibili, anche forieri di ricadute negative sul proprio patrimonio personale, per poter recuperare le risorse necessarie per adempiere l'obbligazione tributaria[4].

Il principio ha trovato affermazione anche nel caso di un amministratore subentrato in un momento successivo alla predisposizione della dichiarazione fiscale, ma antecedente alla scadenza del versamento.

La Suprema Corte di Cassazione ha infatti escluso la rilevanza delle allegazioni difensive secondo cui la difficoltà economica sia stata causata dalla mala gestio dell’amministratore precedente richiedendo al subentrante una puntuale verifica delle pendenze fiscali, dei debiti non saldati e della liquidità disponibile[5].

Si può quindi concludere affermando che gli spazi per una difesa incentrata sull’allegazione della crisi di liquidità sono piuttosto ristretti; è infatti poco frequente assistere a pronunce assolutorie fondate sull’allegazione della crisi di liquidità.

La presentazione della domanda di concordato preventivo  

A questo punto è possibile portare l’attenzione sulla possibile scelta di allegare la causa di giustificazione dell’adempimento ad un ordine legittimo della Pubblica Autorità ex art. 51 c.p..

Come noto, in periodi di difficoltà economiche, l’imprenditore può scegliere di depositare istanza di concordato preventivo per affrontare la crisi di impresa. In proposito, è bene tenere a mente gli step temporali dell’adesione alla procedura di concordato preventivo.

Il momento iniziale è certamente quello del deposito della domanda, seguito poi dalla procedura finalizzata all’omologa del piano di risanamento.

I passaggi di cui sopra sono importanti anche per il tema di approfondimento del presente contributo. Come noto, con l’intervento del commissario giudiziale e del giudice delegato, l’imprenditore è estromesso dalle attività gestionali ed è precettato a non compiere atti che possano compromettere la garanzia creditoria. Atti tra i quali rientrano l’adempimento delle obbligazioni e, più in particolare, dei debiti tributari.

Per quanto interessa in questa sede è possibile affermare che con l’omologa del concordato non sono dovuti i versamenti relativi al periodo successivo al decreto. Va da sé che sarebbero privi di rilevanza penale gli omessi versamenti successivi al decreto di omologa.

Ciò che invece può apparire meno pacifico è la possibilità di escludere il rilievo penale di omissioni tributarie intervenute prima dell’omologa, ma dopo il deposito della domanda.

In tal senso si ravvisa una serie di pronunce giurisprudenziali non sempre conformi.

Fermo un orientamento consolidato che ha affermato come il solo deposito della domanda di concordato non consenta il venir meno alle obbligazioni tributarie, è stata oggetto di studio una pronuncia di controtendenza[6] che ha ipotizzato un approccio differente.

La sentenza in esame, infatti, ha escluso la penale rilevanza degli omessi versamenti intercorsi dopo la sola domanda di concordato ricorrendo ad un argomentazione del seguente tenore.

Secondo il Collegio gli effetti del provvedimento di omologa retroagirebbero sino alla data della domanda così “sanando” gli omessi versamenti tributari intercorsi medio tempore.

L’assunto è stato fondato su un’interpretazione sistematica del principio affermato in sede civile secondo cui, ai sensi degli artt. 167 e 168 della Legge Fallimentare, gli effetti dell’omologa retroagiscono alla data di presentazione della domanda.

Il ragionamento logico e giuridico appena affermato è stato però disatteso da una successiva pronuncia[7].

Il Giudice di legittimità ha infatti ribadito che per la ricorrenza della causa di giustificazione di cui all’art. 51 c.p. è richiesto il provvedimento di un Giudice che imponga all’imprenditore di non corrispondere le somme dovute per debiti fiscali.

Nel percorso argomentativo della pronuncia viene attribuita rilevanza alla distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, precisando che i pagamenti di debiti tributari possono essere ricondotti alla seconda categoria durante la fase di crisi dell’impresa.

Prendendo le mosse da questa premessa il Collegio ha escluso che la retroattività del provvedimento di omologa alla data di presentazione della domanda possa avere rilevanza penale, come invece è stato argomentato dalla sentenza del 2019.

In definitiva, quindi, l’unica certezza è che la rilevanza penale degli omessi versamenti può venire meno solo in presenza di una indicazione contraria al pagamento del Giudice delegato o del decreto di omologa del piano concordatario.  Le altre ipotesi, pur consimili, andranno valutate caso per caso.

Credits: 

Avv. Riccardo Dimiziani

Associate

Attorney 231/2001 Compliance


[1] Cass.ne Penale n. 10120 del 01 dicembre 2010.

[2] Il c.d. “sostituito”, ossia, spesso, i dipendenti dell’ente.

[3] In questo caso, però, sempre secondo quanto affermato dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 3647 del 12 luglio 2017 Sez. III, graverebbe sull’imputato l’onere di motivare l’emissione anticipata della fattura.

[4] Cass.ne Penale n. 8352 del 26 giugno 2014 Sez. III

[5] Cass.ne Penale n. 15218 de l15 maggio 2020 Sez. III

[6] Cass.ne Penale n. 36320 del 02 aprile 2019, Sez. III

[7] Cass.ne Penale n. 13628 del 20 febbraio 2020, Sez. III