Appropriarsi dello smartphone della compagna per leggerne i messaggi privati integra il reato di rapina.

Nota alla recente pronuncia della Seconda Sezione della Corte di Cassazione n. 45557/2021.


Credits: Avv. Giuseppe Mangiameli

Abstract:

La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in tema di rapina e reati contro il patrimonio, stabilendo che l’ingiusto profitto di cui alla finalità della condotta sussiste anche nell’ipotesi di un vantaggio di natura morale o sentimentale.


Con la sentenza del 15 ottobre 2021 n. 45557/2021, la Seconda Sezione della Corte di Cassazione è intervenuta in tema di rapina, con una decisione che investe i concetti generali dei reati contro il patrimonio come quello di “ingiusto profitto” e, dunque, sulla finalità della condotta.

La decisione in commento segue il ricorso proposto dal difensore dell’imputato, che ha proposto impugnazione avverso la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Bologna per la pena inflitta per i reati di rapina impropria, lesioni aggravate e violenza privata.

Secondo il ricorrente[1] l’ingiusto profitto è stato erroneamente identificato nella possibilità di visionare i numeri e le comunicazioni contenute nel cellulare; circostanze fattuali, peraltro, non indicate nel capo di imputazione. 

Nell’ottica difensiva, la rapina si sarebbe consumata tra persone legate da una relazione sentimentale e, peraltro, l’unico scopo dell’uomo era quello di “conoscere il codice di accesso al telefono cellulare» della compagna.” E a questo proposito i giudici ribadiscono che “nel delitto di rapina l'ingiusto profitto può consistere anche in un vantaggio di natura morale o sentimentale.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha ritenuto le scelte del Tribunale e della Corte d’Appello immuni da censure ritenendo, altresì, evidente la colpevolezza dell'uomo.

Nel dichiarare inammissibile il ricorso per i motivi legati alla violazione di legge per mancata correlazione tra imputazione e sentenza, nonché infondato per gli aspetti inerenti il delitto di rapina, la Suprema Corte ha, infatti, affermato la piena legalità della pena applicata, con una soluzione interpretativa che ritiene irrilevante che “con l'impossessamento violento del telefono l'uomo non avesse perseguito uno scopo di lucro” poichè “la nozione di profitto correlata al delitto di rapina non deve necessariamente concretizzarsi in un'utilità materiale.”


Credits: Avv. Giuseppe Mangiameli



[1] Che aveva dedotto, altresì, la violazione di legge per mancata correlazione tra imputazione e sentenza e vizio di mancanza o contraddittorietà della motivazione, sul presupposto che l’imputato era stato imputato per rapina propria e successivamente condannato per rapina impropria.