Approvato l’aggiornamento delle linee guida per la redazione di un efficace Modello Organizzativo ex D.lgs. n. 231 del 2001 da parte di F.I.S.E. Assoambiente, associazione di categoria delle imprese operative nel settore dei servizi ambientali.


ABSTRACT

Dopo aver sottoposto nel 2016 al Ministero della Giustizia la proposta di linea guida “Modelli organizzativi e sistemi di gestione ambientale” ed aver ottenuto il relativo giudizio di idoneità, ai sensi dell’art. 6 comma 3 del D.lgs. n. 231 del 2001, l’associazione di categoria F.I.S.E. Assoambiente ha pubblicato un aggiornamento del medesimo documento.



Il documento delle Linee guida

Il testo delle Linee guida è un corposo documento[1] di circa 160 pagine che nella prima parte ripercorre le principali questioni normative rilevanti per il D.lgs. n. 231 del 2001; nello sviluppo del testo vengono affrontati tutti gli argomenti salienti con elencazione dei più importanti provvedimenti giurisprudenziali e delle note dottrinali intercorse nel periodo ormai ventennale di vigenza della Legge sulla criminalità d’impresa.

Un lungo approfondimento di premessa, sempre importante per una pubblicazione rivolta ai professionisti e alle imprese che poi dovranno concretamente fare applicazione dei principi normativi previsti dal D.lgs. n.231 del 2001.

Proseguendo nella lettura del documento, l’attenzione viene quindi focalizzata sulle normative mirate alla protezione ambientale introdotte nel corso degli anni; la scelta, si capisce, è quella di portare all’attenzione del lettore tutti gli istituti che possano avere rilevanza con la vita dell’impresa e con il rischio di violazione delle normative ambientali.

Non manca un esame rivolto anche ad istituti di diritto penale sostanziale[2] che possono assumere rilievo in caso di processi penali con possibili ripercussioni in termini di responsabilità dell’ente ex D.lgs. n. 231 del 2001.

Nella descrizione dei diversi profili rilevanti per il Modello Organizzativo ex D.lgs. n. 231 del 2001, l’elaborato non manca di rilevare quanto siano funzionali, per la prevenzione degli illeciti previsti dal Decreto, i singoli sistemi di gestione con possibilità (e raccomandazione) di recepimento delle normative tecniche di riferimento per le rispettive aree di operatività rilevanti (ambiente in primis, ma anche sicurezza sul lavoro, qualità, ed anticorruzione). In proposito, è evidente che la certificazione dei singoli sistemi di gestione sia consigliabile per una corretta compliance al D.lgs. n. 231 del 2001.

Il documento, infatti, non manca di dedicare un apposito paragrafo alle normative tecniche rilevanti per il settore ambientale, ovverosia la nuova UNI EN ISO 14001:2015 ed il Regolamento comunitario n. 1221/2009 c.d. “Emas”.

L’argomento focale – l’analisi dei processi di un’azienda e la valutazione del rischio

Venendo al capitolo II del documento, l’attenzione è portata sulla prima attività propedeutica all’adozione di un modello organizzativo efficace per la prevenzione dei reati, ovverosia la mappatura dei processi e l’analisi del rischio.

Il criterio adottato per ispirare questa attività porta l’estensore del documento a suddividere lo spazio di azione delle imprese in diverse “aree di Business”.

Le aree individuate sono sette e riguardano i settori dell’economia di maggiore interesse per le imprese impegnate in materia ambientale[3].

Ben quattro di queste aree sono dedicate all’argomento principale della gestione dei rifiuti, ivi inclusa la relativa bonifica dei siti; le altre tre attengono rispettivamente alla gestione degli scarichi idrici, delle emissioni in atmosfera e delle sorgenti radioattive.

Una volta elencate le aree di business più sensibili al rischio di compromissione del patrimonio ambientale, il documento passa ad esaminare gli strumenti di controllo che possono essere adottati per mitigare il rischio di commissione di reati.

Nell’elencazione, il documento suddivide gli strumenti di controllo in due categorie; in primo luogo vengono individuate quelle misure c.d. “trasversali” a tutti i protocolli ed a tutte le tipologie di reato.

In seguito, le Linee Guida individuano presidi e misure di controllo specifici per un’area di rischio più circoscritta ad un determinato settore di attività.

I settori di attività, come si può immaginare, sono quelli sopra elencati ed individuati come “aree di business” ovverosia la gestione dei rifiuti, ben specificata nelle diverse peculiarità[4], oltre alla gestione delle emissioni in atmosfera e degli scarichi idrici.

Definito l’elenco dei presidi e delle misure di controllo raccomandabili per ogni singola “area di business”, il documento indica i criteri più consigliabili per l’analisi del rischio.

Le Linee guida determinano, in primis, gli step da adottare per valutare correttamente l’impresa che dovrà adottare il Modello Organizzativo[5].

Successivamente, vengono definiti i parametri secondo cui attribuire il valore di rischio; detti parametri possono essere elencati e sintetizzati come segue:

-       Identificazione e rilevanza della rischiosità del reato;

-       Gravità del reato;

-       Impatto di reato;

-       Frequenza di accadimento.

I singoli parametri dovrebbero, poi, essere posti in relazione l’uno con l’altro per determinare l’indice di rischio; dato che sarà poi sintetizzato ed inserito in una relativa tabella di analisi del rischio o “risk analysis”.

Le normative tecniche ISO 14001:2015 ed Emas e il loro rapporto con la compliance al D.lgs. n. 231 del 2001.

Esaurita l’approfondita analisi dei passaggi richiesti per implementare un Modello Organizzativo efficace ai sensi del D.lgs. n. 231 del 2001, occorre rendere omaggio anche ai chiarimenti resi in merito alle normative tecniche ISO 14001:2015 ed il Regolamento comunitario n. 1221/2009 c.d. “Emas”.

Il contributo, infatti, dedica un apposito capitolo all’argomento, puntualizzando diversi aspetti probabilmente noti agli operatori della materia ma che è sempre bene ribadire.

Il testo precisa in più passaggi come la “strada maestra” per garantire la massima efficacia di un modello organizzativo sia la certificazione del sistema di gestione ambientale da parte di un ente terzo ed imparziale oltre che abilitato a tal fine[6].

Il documento non manca, però, di specificare come i requisiti previsti dalla normativa tecnica ISO 14001:2015 non coincidano in toto con quelli prescritti dal sistema di compliance del D.lgs. n. 231 del 2001.

Più precisamente, il documento elenca gli elementi di risk management che accomunano i due profili[7] per poi evidenziare che un sistema di gestione ambientale, anche implementato nel rispetto degli standard di cui alla normativa tecnica sopra citata, non arriva comunque ad una sovrapposizione con i requisiti richiesti dal D.lgs. n. 231 del 2001.

Il corpus della criminalità d’impresa, infatti, sancisce la necessità di un sistema disciplinare e/o sanzionatorio per garantire il rispetto delle normative ambientali oltre che delle procedure adottate per prevenire tale rischio; non solo, il D.lgs. n. 231 del 2001 impone anche l’operatività di un organismo di vigilanza con la funzione di controllare l’aggiornamento e l’effettivo funzionamento del Modello Organizzativo.

La sottile differenza merita dunque di essere richiamata per un miglior consulto a tutti gli operatori chiamati ad interfacciarsi con il D.lgs. n. 231 del 2001, con particolare riguardo a quei settori merceologici maggiormente esposti al rischio ambientale.

Il testo integrale delle Linee guida è scaricabile al seguente Link:

Credits:
Avv. Riccardo Dimiziani
Associate

Attorney 231/2001 Compliance


[1] Documento integrale reperibile sul sito www.assoambiente.org;

[2] Vengono chiamati in esame la non punibilità del reo per lieve tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p., l’estinzione del reato per le condotte riparatorie ex art. 162-ter c.p. e, da ultimo, la c.d. “oblazione ambientale” prevista dal T.U. Ambiente all’art. 318-septies c.p. ed introdotta dalla Legge n. 69 del 2015.

[3] Le singole aree di business vengono elencate come segue: a) Gestione dei rifiuti e degli adempimenti connessi; b) Gestione delle emissioni in atmosfera; c) Gestione degli scarichi; d) Trasporto dei rifiuti; e) Intermediazione; f) Attività di bonifica dei siti; g) Gestione sorgenti radioattive.

[4] Gestione operativa di raccolta, trasporto recupero e smaltimento dei rifiuti; caratterizzazione, classificazione, trasporto e gestione della documentazione amministrativa inerente ai rifiuti;

[5] Il testo individua i seguenti step: stabilire il contesto, identificare ed analizzare il rischio e, in ultimo, considerare l’inquadramento organizzativo.

[6] In Italia, un ruolo di primo ordine è attribuito ad Accredia

[7] In particolare vengono elencati: il forte ruolo della direzione aziendale per il rispetto delle normative vigenti, l’analisi e valutazione dei rischi connessi alla gestione ambientale, l’assetto organizzativo e le modalità operative pianificati ed attuati per ridurre al minimo il rischio di commissione di reati, un approccio dinamico che metta in conto una verifica ed una revisione periodica del sistema di gestione in caso di gravi violazioni delle normative, mutamenti dell’assetto organizzativo o della compagine sociale ovvero, ancora, per l’approvazione di normative incisive nella materia.