Con riferimento alla c.d. truffa online, sussiste la circostanza aggravante ex art. 61 comma I n. 5 c.p., laddove l'agente si sia avvalso delle circostanze di luogo al fine di ostacolare la privata difesa della vittima

Credits: Dott. Kevin Tagliarini

Con la sentenza n. 18585 del 10.05.2024, la Corte di Cassazione ha ritenuto logica la motivazione addotta dal Giudice del Rinvio, disposto a seguito di annullamento, circa la sussistenza della circostanza aggravante ex art. 61, comma I, n. 5) c.p., laddove, in ordine al reato di truffa perpetrata a mezzo internet, il soggetto agente abbia sfruttato a Suo vantaggio le circostanze di luogo, al fine di ostacolare la privata difesa della vittima.




Il presente contributo si pone la finalità di tracciare un distinguo tra le ipotesi in cui, in ordine al reato di truffa perpetrata con l’ausilio di Internet, il Giudice di Legittimità ritiene che all’imputato vada contestata la circostanza aggravante della “minorata difesa” e quelle in cui, invece, suddetta circostanza non è configurabile.

La vicenda in commento trae origine dalla pronuncia della Corte d’Appello di Perugia, con cui, in sede di giudizio di rinvio, a seguito di annullamento disposto dal Giudice di Legittimità, con Sentenza n. 2902 del 14.12.2021, in riforma della Sentenza pronunciata dal Tribunale di Ancona (già parzialmente riformata, in sede di giudizio di Gravame, dalla Corte d’Appello di Ancona), l’imputato veniva condannato, in ordine a sette episodi di truffa aggravata ai sensi dell’art. 61, comma I, n. 5) c.p., perpetrata a mezzo internet, alla pena di anni uno e mesi quattro  di reclusione, oltre euro 800,00 di multa.

Nel caso di specie, gli episodi censurati dal Giudice del Rinvio consistevano nella proposta avanzata dal soggetto agente, nei confronti di più soggetti, di vendita on line di scarpe da ginnastica, con l’incasso delle relative somme, cui non seguiva, tuttavia, la consegna della merce.

Avverso la pronuncia della Corte d’Appello di Perugia, l’imputato, a mezzo del patrocinante difensore, ricorreva in Cassazione. Con un  unico motivo di Ricorso, la difesa deduceva l’illegittima applicazione della circostanza aggravante, sul presupposto che lo stesso Giudice di Legittimità, in sede di annullamento con rinvio, affermava che non in tutti i casi di vendita on line può configurarsi l’avvalimento di circostanze tali da ostacolare la privata difesa della vittima.

L’imputato, infatti, sebbene adescasse le vittime a mezzo internet, si serviva della propria identità e forniva ai potenziali acquirenti dati veritieri inerenti al proprio profilo Facebook e al proprio indirizzo di residenza; secondo la tesi difensiva prospettata, dunque, tali condotte non sarebbero state tali da ostacolare o, comunque, ridurre sensibilmente la privata difesa delle vittime.

La Suprema Corte, invero, a seguito di giudizio in trattazione scritta, rigettava il Ricorso per le motivazioni di seguito esplicate.

Preliminarmente il Supremo Consesso evidenziava che il Giudice dell’Appello correttamente dava atto del fatto che l’annullamento con rinvio veniva disposto a seguito di Ricorso presentato dal Procuratore Generale avverso la sentenza della Corte d’Appello di Ancona, la quale aveva escluso l’aggravante della “minorata difesa”.

Sul punto, la Corte d’Appello di Perugia eccepiva che il contatto originario tra il soggetto agente e gli acquirenti era sempre avvenuto on line; se vero, poi, che detti contatti erano proseguiti mediante chiamate telefoniche, la condotta del reo era sempre ispirata dallo scopo di tranquillizzare la vittima, servendosi di foto ovvero documentazione postale contraffatta,  al  fine evidente di indurla all’invio di danaro e/o beni in permuta, per poi, in un momento successivo rendersi irreperibile.

In virtù di quanto sopra, secondo il Giudice del Rinvio, l’imputato, per le modalità con cui veniva instaurato il rapporto contrattuale, permaneva in una posizione di vantaggio rispetto alle vittime, tale da non poter escludere la circostanza aggravante di cui all’art. 61, comma I, n. 5) c.p., tenuto in debito conto anche la giovane età dei soggetti indotti in errore.

Secondo l’orientamento fatto proprio dalla Suprema Corte, la motivazione addotta dal Giudice del Rinvio, ai fini della contestazione della circostanza aggravante della minorata difesa, è scevra di qualsivoglia illogicità e appare perfettamente congrua rispetto al principio enucleato in precedenza dalla Giurisprudenza di Legittimità, in virtù del quale “sussiste l’aggravante della minorata difesa, con riferimento alle circostanze di luogo, note all’autore del reato e delle quali egli, ai sensi dell’art. 61, comma I, n. 5) c.p., abbia approfittato, nell’ipotesi si truffa commessa attraverso la vendita di prodotti on line, poiché, in tal caso, la distanza tra il luogo ove si trova la vittima, che di norma paga in anticipo il prezzo del bene venduto e quello in cui, invece, si trova l’agente, determina una posizione di maggior favore di quest’ultimo, consentendogli di schermare la sua identità, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell’acquirente e di sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta (così Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, Sentenza n. 19737 del 22.03.2017).  

E ancora, per gli Ermellini, le ragioni su cui si fonda la pronuncia della Corte d’Appello si sposano perfettamente con il precedente giurisprudenziale richiamato in sede di Sentenza di annullamento con rinvio, in virtù del quale, in tema di truffa contrattuale, non sussiste l’aggravante della minorata difesa, allorquando il primo contatto tra autore del reato e persona offesa sia avvenuto a mezzo internet, per poi proseguire mediante incontri di persona, finalizzati alla presa visione ed al controllo del bene promesso in vendita, atteso che, a differenza delle trattative svolte esclusivamente on line, non ricorre la costante distanza tra promittente venditore e promissario acquirente, tale da segregare quest’ultimo in una posizione di palese svantaggio rispetto alla controparte contrattuale (in questo senso, Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza n. 1085 del 14.10.2020).

Nel caso che quivi ci occupa, i soggetti non hanno mai potuto esercitare un controllo effettivo sul bene e vagliare in concreto la bontà dell’operazione di vendita, atteso che le chiamate e le fotografie loro inviate a seguito del primo contatto a mezzo web avevano la precipua finalità di rinsaldare il loro legittimo affidamento e indurli in errore.

È sulla scorta di tale ragionamento che la Corte rigettava il Ricorso e condannava l’imputato al pagamento delle spese processuali.

In conclusione, muovendosi all’interno dei confini interpretativi tracciati dalla Suprema Corte di cassazione, perché possa configurarsi la circostanza aggravante della minorata difesa, con riferimento alla truffa posta in essere con l’ausilio internet, non rileva tanto il fatto che solo il primo contatto sia avvenuto on line, quanto più che la persona offesa, a causa delle circostanze di luogo, di cui il reo si sia indebitamente approfittato, non abbia potuto esercitare un effettivo controllo sul bene, onde vagliare concretamente la bontà dell’operazione prospettata.


Credits: Dott. Kevin Tagliarini