Emergenza COVID-19: Le possibili conseguenze penali per i cittadini e le imprese



ABSTRACT

La libertà di circolazione dei cittadini resta un diritto costituzionale, ma il DPCM del 22 marzo 2020, che integra e completa i precedenti, vi interviene, quando concerne una serie di misure urgenti tese ad evitare la diffusione del virus COVID-19. Le autorità competenti hanno facoltà di attuare e far rispettare ogni misura di contenimento con effetti direttamente penalistici, salvo che per quelli motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. Il reato si configura quando il precetto venga disatteso completamente e non quando vi siano omissioni nella modalità operativa ma con manifesta la volontà di adempiere, fatte salve le correnti interpretazioni di colpa. I provvedimenti nazionali prevalgono sulle singole disposizioni regionali. La norma si applica anche al Rappresentante Legale delle imprese, quando interviene nella limitazione, o sospensione delle attività produttive o commerciali.


Ciò che nelle recenti settimane ha destato parecchio interesse nell’opinione pubblica e nella società civile in genere concerne le possibili conseguenze penali in caso di violazione delle disposizioni previste dai Decreti menzionati, nello specifico, quelle relative alla libertà di circolazione dei cittadini, diritto sancito dall’art. 16 Cost. Ma non solo. 

Alle misure restrittive per le persone fisiche, si aggiungono quelle relative alle attività economiche, produttive e commerciali (la cui libertà di iniziativa economica è garantita dall'art. 41 Cost.) ed è anche su questi soggetti che potrebbero, in caso di violazione, ripercuotersi alcune conseguenze di natura penale ed amministrativa con sanzioni anche interdittive di non poco momento, specie se si considera il già complesso periodo.

Il principale fondamento normativo attualmente in vigore è rappresentato dal D.L. n. 6/2020[1], attuato con DPCM 23 febbraio 2020[2], che contempla agli artt. 1 e 2 una serie di misure urgenti  - per vero alquanto generiche - tese ad evitare la diffusione del virus COVID-19.

L’art. 1 prevede che le autorità competenti sono tenute ad adottare (e a vigilare sul loro rispetto) ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica nei comuni o nelle aree nei quali risulta positiva una almeno una persona.

Il secondo comma contiene, invece, un elenco non tassativo di possibili provvedimenti (proporzionati ed adeguati rispetto alla finalità della norma) adottabili dall’Autorità competente che possano incidere sulla libertà del singolo e sulle attività pubbliche o private.

L'art. 2, dispone l’eventualità di adozione di “ulteriori misure di contenimento e gestione dell’emergenza”, anche fuori dai casi di cui al comma 1, pertanto diverse da quelle già elencate ed in territori diversi da quelli nei quali sia già presente un soggetto contagiato.

All’art. 3, comma 4, viene in rilievo la prima disposizione con effetti direttamente penalistici.

Si afferma, infatti, che: salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’art. 650 c.p.

Tale disposizione viene poi trasfusa nell’art. 4, comma 2 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 2020.

Il Presidente del Consiglio dei ministri ha, successivamente, dato attuazione al menzionato decreto-legge attraverso i DPCM dell’8, 9, 11 marzo 2020, in parte oggi superati dal nuovo DPCM del 22 marzo 2020.

Il primo elenca diversi divieti in determinate zone del paese, mentre con il secondo i medesimi divieti sono stati estesi a tutto il territorio nazionale.

In estrema sintesi i principali divieti concernono:

  • forme di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico
  • gli spostamenti di persone fisiche salvo che per quelli motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute.

Con il successivo DPCM dell’11 marzo è stata, invece, disposta la chiusura di specifiche attività economiche senza alcuna modifica alle regole già previste per gli spostamenti dei cittadini.

Da ultimo, a questa lista va aggiunta la recente Ordinanza del Ministero della Salute emessa in data 20 marzo e prorogata fino al 3 aprile 2020 e che, aggiungendo nuovi e più stringenti limitazioni a quelle già in vigore, prevede:

  • il divieto di accesso del pubblico a parchi, ville, aree di gioco e giardini pubblici;
  • il divieto di svolgere attività ludica o ricreativa all’aperto, salvo quella individuale in prossimità della propria abitazione (purché nel rispetto del più generale obbligo di rispetto della distanza di un metro da ogni altra persona;
  • la chiusura di esercizi di somministrazione di alimenti e bevande posti all’interno delle stazioni ferroviarie e lacustri, nonché nelle aree di servizio e rifornimento carburante, con esclusione di quelli situati lungo le autostrade, che possono vendere solo prodotti da asporto da consumarsi al di fuori dei locali (restano aperti quelli siti negli ospedali e negli aeroporti, con obbligo di assicurare in ogni caso il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro) 

  • il divieto di spostamento verso abitazione diverse da quella principale comprese le case utilizzate per le vacanze.

Con un nuovo Decreto, il Presidente del Consiglio ha varato un nuovo provvedimento che all’art. 2 (disposizioni finali) detta alcune coordinate applicative e stabilisce che il presente DCPM si applica "cumulativamente a quelle di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 11 marzo 2020 nonché a quelle previste dall’ordinanza del Ministro della salute del 20 marzo 2020 i cui termini di efficacia, già fissati al 25 marzo 2020, sono entrambi prorogati al 3 aprile 2020”.  

Pertanto, per quanto qui rilevante i riferimenti normativi al momento in vigore sono i seguenti:

Questi provvedimenti nazionali, a parere dello scrivente, prevalgono sui provvedimenti regionali frattanto intercorsi[3]: in ogni caso, per quanto qui rileva, le conseguenze delle violazioni alle norme di cautela rimangono quelle quivi descritte.

A riguardo, come si è detto, la disposizione penale richiamata dal D.L. n. 6/2020 è quella prevista dall’art. 650 c.p.

Si tratta di una fattispecie di natura contravvenzionale che prevede la pena dell’arresto fino a tre mesi o, alternativamente, dell’ammenda fino a 206 euro[4].

Posta a tutela dell’ordine pubblico, inteso quale regolare andamento del vivere civile,  rappresenta una norma penale in bianco in cui viene enunciata solo la sanzione, mentre il precetto è di volta in volta associato al provvedimento specifico emanato dall’Autorità.

La norma incriminatrice, infatti, non precisa il contenuto del provvedimento che intende tutelare, ma stabilisce soltanto che essa deve essere stato emanato per ragioni di giustizia, o di sicurezza, o di ordine pubblico, o di igiene.

Si tratta di un reato omissivo proprio che si sostanzia nell’inadempimento e inerzia nei riguardi dell’ordine espresso nel precetto emesso dall’Autorità attraverso l’imposizione ad una o più persone determinate una particolare condotta, omissiva o commissiva.

In questo senso, i provvedimenti da tenere in considerazione sono il D.L. n. 6/2020 ed i DPCM attuativi sopracitati che contengono, appunto, le specifiche misure adottate dal Governo per il contenimento dell’epidemia da COVID-19.

Il soggetto attivo è il destinatario della norma e può essere, come detto, sia una persona fisica, sia una persona giuridica; mentre quello passivo è la collettività in generale nel cui interesse l’ordine dato deve essere adempiuto.

Dal punto di vista psicologico, l'elemento soggettivo del reato di inosservanza di provvedimenti dell'autorità può essere costituito dal dolo o anche dalla colpa stante la natura contravvenzionale della fattispecie.

Il dolo consiste nella cosciente e volontaria inosservanza del provvedimento legalmente dato per le ragioni indicate nella norma incriminatrice. È opportuno precisare che secondo l’orientamento giurisprudenziale costante, il reato sussiste laddove il precetto venga disatteso completamente e che, viceversa non si rientra nell’alveo della fattispecie di cui all’art. 650 c.p. in ipotesi di violazioni che attengono “alle modalità di esecuzione del provvedimento in presenza di un'espressa manifestazione di volontà di adempiere all'ordine legalmente dato” (Cass. Pen. sez. I, n.7633/1995).

Con specifico riguardo alla persona giuridica, il soggetto attivo è il rappresentante legale dell’impresa il quale, violando le disposizioni relative all’autorizzazione/diniego di proseguire l’attività, realizza il comportamento omissivo. Su di lui graveranno quindi le conseguenze penali previste dalla norma alle quali si aggiungono, come successivamente evidenziate, anche altre sanzioni.

Come anticipato, tuttavia, essendo una forma contravvenzionale il reato è consumato anche allorquando l’elemento psicologico sia sorretto non dal dolo, bensì dalla colpa secondo i noti criteri di cui all’art. 43 c.p.

Ciò impone che al fine di escludere la colpevolezza dell’indagato/imputato sarà necessario dimostrare – con onere a carico del soggetto agente – la presenza di un errore non colpevole.

Dal punto di vista processuale, trattandosi di contravvenzione il reato è procedibile d’ufficio.

In concreto, il soggetto accertatore rilevata la (presunta) violazione procederà ad una segnalazione alle autorità procedenti che iscriveranno la notizia di reato nel registro delle notizie di reato dando via alla fase delle indagini preliminari.

Una volta concluse le indagini, il Pubblico Ministero procedente eserciterà l’azione penale con l’emissione del decreto di citazione diretta a giudizio ex art. 550 c.p.p. a seguito del quale si instaurerà il processo in senso stretto o, alternativamente, con l’emissione di un decreto penale di condanna o potrebbe anche chiedere al GIP l’archiviazione per infondatezza della notizia di reato.

Sono ammessi i riti alternativi e l’oblazione facoltativa, così come la sospensione del procedimento con messa alla prova ex art. 168 bis c.p.

Si è detto che la norma ha carattere sussidiario.

Essa lascia spazio sia ad altra fattispecie più grave, quando se ne realizzano i presupposti in base al principio di cui all’art. 15 c.p., ma più in generale, la norma è destinata a trovare applicazione solo quando l'inosservanza del provvedimento dell'Autorità non sia sanzionata da alcuna norma penale, processuale o amministrativa (Cass. Pen., sez. I, n. 43398/2005).

Sul punto si pone in evidenza che nell’Ordinamento è ancora presente una fattispecie che apparentemente dovrebbe trovare applicazione in luogo dell’art. 650 c.p. in ossequio al principio di specialità sopra richiamato.

Infatti, la fattispecie prevista dall’art. 260 R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 (TU leggi sanitarie), anch’essa ha natura contravvenzionale e punisce con l’arresto e con la multa: “Chiunque non osserva un ordine legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo...”.

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Ad una prima lettura, appare evidente dunque che tale disposizione sia speciale rispetto all’art. 650 c.p. poiché la condotta è più specifica.

Ciò in considerazione del fatto che l’art. 260 TU leggi sanitarie riguarda specificamente gli ordini dati per “impedire l'invasione o la diffusione di u malattia infettiva dell'uomo.” e non il più generico provvedimento dato “per ragioni di igiene” di cui all’art. 650 c.p.

Si noti, inoltre, che a differenza dell’art. 650 c.p. anche la pena è più grave, ma soprattutto le due pene non sono alternative bensì congiunte. Ne consegue l’inapplicabilità dell’oblazione ex art. 162 bis c.p. e la conseguente declaratoria di estinzione del reato con i favorevoli effetti in termini di non menzione nel casellario giudiziale.

Peraltro, la fattispecie prevista dal Testo Unico delle leggi sanitarie prevede una forma aggravata nel caso di violazione nell’esercizio di una professione o di un’arte, circostanza quest’ultima non prevista dall’art. 650 c.p.

Per quanto riguarda la persona giuridica occorre tenere in considerazione anche i seguenti profili di responsabilità.

I decreti citati, infatti, dispongono una serie di misure limitative delle attività produttive e commerciali. Il riferimento è, in particolare, a quanto contenuto nel DPCM 11 marzo 2020 e nell’ultimo DPCM del 22 marzo 2020 i quali rimangono in vigore fino al 3 aprile 2020, nonché l’Ordinanza del Ministero della Salute del 20 marzo 2020.

Nello specifico è prevista la sospensione delle attività produttive industriali e commerciali, ad eccezione di quelle indicate nell’allegato 1 del DPCM (sia quello dell’11 marzo 2020 sia quello del 22 marzo 2020). L’eccezione vale anche per le attività “che sono funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività di cui all’allegato 1, nonché dei servizi di pubblica utilità e dei servizi essenziali di cui alla lettera e.” (Art. 1, lett. d).

In questo caso, il DPCM del 22 marzo prevede espressamente che per poter continuare l’attività è necessario comunicare al Prefetto della provincia dove è ubicata l’attività produttiva, indicando le imprese e le amministrazioni beneficiare dei prodotti e dei servizi delle attività consentite. Si specifica, poi, che fino all’adozione dell’eventuale provvedimento di sospensione dell’attività, essa è legittimamente esercitata sulla base della comunicazione resa. (art. 1, lett. d).

Infine, si segnala, altresì, il comma 4 dell’art. 1 che stabilisce: “Le imprese le cui attività sono sospese per effetto del presente decreto completano le attività necessarie alla sospensione entro il 25 marzo 2020, compresa la spedizione della merce in giacenza.”

Dal punto di vista sanzionatorio, pertanto, oltre agli effetti penali per la violazione dell’ordine dato dall’Autorità si incorrerà, in aggiunta, nella sospensione prevista dall’art. 15, co. 1 D.L. n. 14/2020 e segnatamente:

  • la chiusura dell'esercizio o dell'attività va da 5 a 30 giorni;
  • la violazione è accertata ai sensi della L. n. 689/1981;
  • la sanzione è irrogata dal Prefetto. 

Il panorama legislativo è in costante mutamento, pertanto, sarà opportuno verificare di volta in volta, provvedimento dopo provvedimento quali attività sono consentite e quali sanzioni potranno essere comminate.


[1] Recante “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.” (GU n.45 del 23-2-2020), convertito con modificazioni, con l. 5 marzo 2020, n. 13, in G.U. (GU Serie Generale n.61 del 09-03-2020).

[2] Recante “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.” (GU n.45 del 23-2-2020), convertito con modificazioni, con l. 5 marzo 2020, n. 13, in G.U. (GU Serie Generale n.61 del 09-03-2020).  

[3] Il tema merita certamente un approfondimento, che non è qui essenziale, né possibile, viste le finalità del presente articolo.

[4]Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d'ordine pubblico o d'igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a 206 euro.”