Il mutamento delle condizioni di procedibilità sopravvenuto nel Giudizio di Cassazione. Prime pronunce su un tema caldo della Cd. “Riforma Cartabia”

Credits: Avv. Giuseppe Taddeo 


Abstract: La Suprema Corte, nella pronuncia emessa dalla IV Sezione avente n. 7878 del 9 febbraio 2023, ha avuto modo di affermare che la costituzione di parte civile risulta equivalente, nei fatti, alla presentazione di querela di guisa che, anche in caso di cambiamento delle condizioni di procedibilità, il giudizio possa esser proseguito.




La sentenza, emessa dalla IV sezione della Suprema Corte di Cassazione, interviene su uno dei temi più caldi emersi a seguito dell’introduzione della riforma del processo penale: quello del cambiamento delle condizioni di procedibilità per una serie di reati.

In particolare, nel caso di specie, gli Ermellini si sono confrontati con un procedimento relativo ad una contestazione di lesioni personali stradali gravi e gravissime, senza la presenza di circostanze aggravanti.

La difesa dell’imputato, al netto del cambiamento delle condizioni di procedibilità per il reato contestato intervenuto a seguito della "Riforma Cartabia", ha sostenuto il tema di una possibile pronuncia di proscioglimento del proprio assistito per assenza di condizioni di procedibilità, in dettaglio dell’esistenza della querela.

Gli Ermellini hanno, tuttavia, dichiarato inammissibile l’impugnazione, precisando tuttavia  che nel caso di specie la modifica normativa “non rileva nel presente procedimento. Questa Corte di legittimità, infatti, ha già avuto modo di sottolineare, con riferimento ai casi di procedibilità a querela introdotti dal d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, che la persistente costituzione di parte civile, coltivata anche dopo l'introduzione della procedibilità a querela, «determina la piena sussistenza dell'istanza di punizione e, conseguentemente, della condizione di procedibilità»

La seconda parte dell’estratto della sentenza emessa dai Giudici di Piazza Cavour lascia trasparire una possibile linea interpretativa della Cassazione su quei procedimenti che, anche a seguito della "Riforma Cartabia", abbiano ad oggetto reati coinvolti dal cambiamento delle condizioni di procedibilità.

Più in dettaglio, i Giudici, richiamando un precedente orientamento della Cassazione risalente al 2018, sostengono che a rilevare debba essere la volontà punitiva espressa dalla vittima del reato in luogo della presentazione della querela in senso stretto.

Il corollario di tale ricostruzione giuridica è che la costituzione di parte civile ritualmente depositata e sostenuta finanche dopo il cambiamento delle condizioni di procedibilità, sia idonea ad integrare la voluntas della persona offesa di perseguire l’autore del reato.

Altro aspetto interessante affrontato dalla Suprema Corte è quello che  è stato esaminato nella sentenza n. 7876 del 2023, con riferimento al rapporto tra le condizioni di procedibilità sopravvenute ed il giudizio di inammissibilità del Ricorso in Cassazione.

I Giudici, facendo leva sulla massima espressa nelle SS.UU. Salatino (n. 40150 del 21/06/2018) affermano che “con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto di intervento legislativo sopravvenuto, l'inammissibilità del ricorso non consente di rilevare la sussistenza della eventuale condizione di improcedibilità, atteso che la proposizione di un atto di impugnazione non consentito, come tale inidoneo ad instaurare il rapporto processuale, dà luogo alla formazione del c.d. giudicato "sostanziale", il quale produce l'effetto di rendere giuridicamente indifferenti fatti processuali come l'integrazione di cause di non punibilità precedentemente non rilevate perché non dedotte oppure integrate successivamente al giudicato stesso”

Da quanto sopra richiamato emerge chiaramente che la Corte ritenga, a tutt’oggi, che la mancata instaurazione di un valido rapporto processuale, come quella derivante dall’inammissibilità del ricorso pur ritualmente proposto, travolge ogni questione circa la corretta espressione della propria voluntas puniendi da parte della persona offesa dal reato.

Dunque, la mancanza della condizione di procedibilità viene comunemente trattata nel giudizio di legittimità come una questione di fatto, soggetta alle regole della autosufficienza del ricorso (cfr. Sez. 6, n. 44774 del 08/10/2015, Raggi, Rv. 265343) e ai limiti dei poteri di accertamento della Cassazione (cfr. Sez. 3, n. 39188 del 14/10/2010, S., Rv. 248568); sicché, non può dirsi che la declaratoria di inammissibilità sia destinata ad essere messa in crisi da una ipotetica, incondizionata necessità di verifica dello stato della condizione di procedibilità come richiesta dalla normativa subentrata (in tal senso Sez. U, n. 40150 del 2018, Salatino, cit., pag. 16 della motivazione (Cassazione penale sez. IV, 10/01/2023, (ud. 10/01/2023, dep. 14/02/2023), n.6143).

E dunque, in caso di dichiarazione di inammissibilità del Ricorso, la successiva e sopravvenuta modifica delle condizioni di procedibilità non è idonea a produrre effetti tali da incrinare il giudicato formatosi, dovendo l’esame di quest’ultima sottostare alle regoli comuni di giudizio previste dal Giudizio regolamentato ai sensi degli articoli 606 e ss. c.p.p.

Dunque, “le innovazioni in materia di procedibilità a querela possono operare retroattivamente, ma tale retroattività incontra un limite nella presentazione di un ricorso fondato su motivi inammissibili” (Cassazione penale sez. IV, 10/01/2023, (ud. 10/01/2023, dep. 14/02/2023), n.6143).

In ambedue i casi esaminati, dunque, la Suprema Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna, per l’effetto gli imputati.

Anche se solo in via incidentale e, comunque, con spunti interessanti la Suprema Corte ha iniziato il proprio confronto con gli effetti prodotti dall’allargamento dei reati procedibili a querela a seguito dell’introduzione del D.lgs. n.150/2022.

La necessità di proporre opportunamente la denunzia querela nei procedimenti interessati dalle modifiche sopra evidenziate a seguito dell’introduzione della “Riforma Cartabia” è un tema caldissimo e gli iniziali approcci della Corte di Legittimità, seppur espressi con riferimento ad ipotesi del tutto peculiari, lasciano presagire che il tema della sopravvivenza della Costituzione di Parte civile quale elemento sintomatico della voluntas puniendi della P.O., allorquando ci si trovi in una situazione di mutamenti della condizione di procedibilità, sia un tema a cuore degli Ermellini e che l’esistenza dell’atto processuale di Costituzione sia idoneo a consentire l’idoneo proseguimento del procedimento penale.


Credits: Avv. Giuseppe Taddeo