Interessante sentenza assolutoria del Tribunale di Milano (N. 1070/2024 del 22 aprile 2024), con esclusione della colpa da organizzazione ex D.lgs. 231/01 per aggiramento fraudolento del Modello tramite management override of controls

Credits: Avv. Alexis Bellezza

Con la recente Sentenza in epigrafe, il Tribunale di Milano, pronunciandosi in tema di responsabilità amministrativa dell’Ente derivante da reato, ha enucleato una serie di requisiti necessari per consentire l’operatività della funzione esimente del Modello Organizzativo 231. La Decisione in commento arricchisce il panorama giurisprudenziale elaborato negli anni dal Tribunale di Milano, soffermandosi sul concetto di aggiramento fraudolento ai sensi dell’art. 6 comma 1 lett. c) del Decreto, declinato nelle forme del c.d. “management override of controls” e suggerendo alcuni accorgimenti rimediali concreti per il contrasto a tali pratiche, quali, ad esempio, provvedimenti sanzionatori intesi a decurtare la retribuzione variabile dei soggetti apicali che si rendano
responsabili di violazioni del Modello



Il Tribunale di Milano, con la sentenza della Sezione II in data 25.1.2024 (dep. 22.4.2024), ha mandato assolta una società incolpata ai sensi dell’art. 25-ter del D.lgs. 231/01, in relazione alla commissione dell’illecito presupposto di false comunicazioni sociali commesso da soggetti apicali afferenti alla medesima. Il Tribunale ha svolto una interessante disamina preliminare, svolgendo un excursus tecnico-normativo volto a delineare chiaramente i presupposti per l’applicazione della colpa di organizzazione a carico dell’ente ai sensi del Decreto 231. Il Collegio non ha lesinato critiche all’approccio adottato dal legislatore, colpevole, secondo i Giudici, di non aver definito in maniera sufficiente certa, i requisiti di idoneità del Modello organizzativo di cui all’art. 6.

Il Tribunale ha quindi ricostruito le caratteristiche proprie che il Modello deve possedere, affinché possa essere definito idoneo a prevenire gli illeciti in contestazione. Ha preso le mosse dalla necessaria bipartizione in Parte Generale ed in Parte Speciale. Evidenzieremo nella presente sede gli spunti di maggiore interesse, tralasciando la riproposizione delle caratteristiche standard del Modello, comunque richiamate dalla pronuncia. Più specificamente, il Collegio ha posto in evidenzia la possibilità di prevedere, nella Parte Generale del Modello, misure sanzionatorie che intervengano sulla porzione variabile della retribuzione del collaboratore dell’ente. Ed invero, ad avviso del Giudice di merito, il sistema retributivo fondato su variabili di premialità, che determina una convergenza di interessi tra ente e collaboratore verso il perseguimento della massimizzazione del profitto e la cui concessione è subordinata al raggiungimento di specifici obiettivi operativi, sarebbe passibile di costituire un incentivo alla “commissione di condotte in contrasto con le regole aziendali e/o con il Modello e che, da dette condotte, possa trarre un vantaggio anche l'ente stesso, quantomeno in termini di maggiore produttività”. Alla luce di ciò, il Collegio ha considerato che “un'efficace azione di contrasto potrebbe consistere nella previsione di decurtazioni, di natura sanzionatoria, che incidano sulla parte variabile della retribuzione, così da scoraggiare pratiche o comportamenti non conformi alle disposizioni contenute nei protocolli operativi”. Approccio sanzionatorio che invero è già, parzialmente, ricompreso nei classici sistemi disciplinari di matrice giuslaboristica, con l’applicazione di decurtazioni dello stipendio pari ad un tot ore di retribuzione predeterminato, ma che rappresenta comunque un possibile potenziamento della risposta sanzionatoria su base contrattuale, nel rapporto tra la società ed i propri dipendenti o dirigenti il cui trattamento retributivo preveda variabili subordinate al raggiungimento di obiettivi. Con riguardo alla Parte Speciale del Modello, i Giudici si sono soffermati sulla fondamentale importanza dell’attività di analisi del rischio, rilevando che “l’ente collettivo è chiamato a fare una ricognizione a tappeto dei fattori di rischio, il che risulta un’attività sicuramente più complicata rispetto a quanto avvenga nell’agire individuale, dal momento che ancora una volta si richiede un efficace metodo organizzativo di rilevamento e di valutazione”. Il Collegio ha quindi definito le fondamentali fasi che caratterizzano l’attività di Risk Analysis, quali: “a) individuazione delle aree potenzialmente a rischio-reato con particolare riguardo alle aree c.d. strumentali, ovvero quelle che gestiscono strumenti finanziari, destinati a supportare la commissione dei reati stessi; b) rilevazione dei processi sensibili dai quali potrebbero derivare le ipotesi di reato perseguibili, il che significa selezionare le attività al cui espletamento è connesso i1 rischio di commissione di reati, indicando le direzioni ed i ruoli aziendali coinvolti; c) rilevazione e valutazione del grado di efficacia dei sistemi operativi e di controllo già in essere, allo scopo di reperire i punti di criticità rispetto alla prevenzione del rischio-reato; d) descrizione delle possibili modalità di commissione dei reati, allo scopo di forgiare le indispensabili ‘cautele’ preventive”.

Il Collegio ha quindi posto l’accento sull’importanza dei protocolli di Parte Speciale, definendoli come: “apprestamento di misure idonee a ridurre continuativamente e ragionevolmente il rischio-reato”. È dunque questo il parametro essenziale per la valutazione dell’idoneità del Modello organizzativo: la sua capacità di ingenerare, tramite la predisposizione di protocolli, la riduzione del rischio, e non anche la sua radicale eliminazione. Una riduzione che il Collegio provvede a qualificare come continuativa e ragionevole, che sia quindi apprezzabile, tangibile e costantemente applicata (anche grazie all’operato dell’Organismo di Vigilanza n.d.r.).

Per quanto attiene al giudizio di adeguatezza del modello, il Collegio ha evidenziato come lo stesso debba essere necessariamente condotto secondo la corretta prospettiva propria dei giudizi normativi che tipicamente caratterizzano la valutazione dell’elemento soggettivo nella forma della colpa. Deve quindi essere correttamente valutata la presenza di un eventuale iato tra l’approccio organizzativo adottato dalla Società incolpata, e quello che la regola cautelare imporrebbe. Ciò per comprendere, in base ad un giudizio ex ante, se un Modello organizzativo realizzato a regola d’arte avrebbe effettivamente prevenuto la verificazione dell’illecito. La sentenza ha invero preso in considerazione non solo gli elementi strutturali del Modello, ma anche le azioni concretamente intraprese al fine di assicurare la effettiva applicazione del Modello. La decisione ha infatti richiamato l’orientamento ermeneutico stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 23401/2021 (c.d. sentenza “Impregilo”), vagliando il concetto di “colpa di organizzazione” e l’esigenza conseguente di identificare il c.d. “comportamento alternativo lecito”, e cioè la circostanza in cui “l'osservanza della regola cautelare, al posto del comportamento inosservante, non avrebbe comunque consentito di eliminare o ridurre il pericolo derivante da una data attività” sicché «[s]e (…) l’evento realizzato a causa dell'inosservanza delta regola cautelare risulta non evitabile, non vi è spazio per l’affermazione di colpa”.

Da ultimo, in tema di elusione fraudolenta del Modello organizzativo ai sensi dell’art. 6 comma I lett. c) del D.lgs. 231/01 la Sentenza del Tribunale di Milano, sempre sulla scorta degli insegnamenti impartiti dal Supremo Consesso, precisa che la condotta definita dalla clausola normativa non può corrispondere alla condotta costituiva del reato, ma deve necessariamente consistere in un comportamento dell’agente volto all’aggiramento dei presidi preventivi approntati dal Modello organizzativo. Al fine di restituire obiettività a tale assunto, il criterio ermeneutico si sostanzia nella considerazione delle caratteristiche del comportamento del soggetto apicale, che deve avere un contenuto decettivo specifico indirizzato a neutralizzare i presidi del modello, sicché si possa concludere che “anche adottando un modello idoneo, di cui sia stata accertata l’efficacia in concreto, il reato si sarebbe comunque verificato”.

Nel caso di specie, le caratteristiche dell’elusione fraudolenta sono state riconosciute nel fenomeno del cosiddetto “management override” (of controls n.d.r.), ovverosia uno scenario in cui il comportamento di taluni vertici aziendali diviene forzatamente improntato alla sistematica violazione ed aggiramento fraudolento di regole e procedure, Codice Etico e Modello organizzativo, in presenza del quale, qualsivoglia Modello, pur adeguato ed efficacemente attuato, non sarebbe in grado di prevenire comportamenti elusivi e/o manipolatori della natura di quelli perpetrati. Nel caso di specie, ad essere aggirate erano le procedure sottese alla rendicontazione ed alla adeguata gestione delle comunicazioni sociali.

Alla luce delle considerazioni suesposte, il Tribunale di Milano ha assolto l’Ente incolpato per insussistenza dell’illecito amministrativo ex D.lgs. n. 231/2001 ad esso contestato, ribadendo, così, con riferimento al vaglio di adeguatezza del Modello Organizzativo e di Gestione, l’importanza di adottare un approccio deputato al riscontro di requisiti di natura sostanziale, piuttosto che meramente formale. 


Credits: Avv. Alexis Bellezza