Interesse generico e mancata adozione o inefficace attuazione del Modello ex art. 6 e 7 D.Lgs. 231/2001 e art. 30 D.Lgs. 81/08 non sono sufficienti ad affermare la responsabilità dell’ente.

Credits: Dott.ssa Francesca Lanzetti 



Abstract

Gli Ermellini con la sentenza in commento, la numero 39615 del 20 ottobre 2022, hanno rimarcato ancora la differenza tra i requisiti dell’interesse e nel vantaggio nei reati colposi. In particolare, hanno ribadito, al fine della configurabilità della responsabilità in capo all’Ente, la necessaria presenza di un interesse che non sia generico, della cd. immedesimazione organica, della colpa in organizzazione, del reato presupposto e nel nesso che deve sussistere tra gli ultimi due. Infine: l’assenza del Modello non è da sola sufficiente ad affermare la responsabilità della società ex D. Lgs. 231/2001.




La Corte di Appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Rimini che riteneva provata la responsabilità della società. In particolare, la vicenda in questione riguardava l’illecito amministrativo di cui agli artt. 5 e 25 septies D.Lgs. 231/2001, conseguente a lesioni colpose subite da un dipendente della società come effetto della violazione delle norme poste a tutela della sicurezza sul lavoro. Il difensore della società, nonostante la c.d. doppia conforme, ricorreva in Cassazione lamentando sia la contraddittorietà e illogicità della motivazione in riferimento al reato presupposto e sia la violazione di legge in riferimento ai requisiti dell’interesse e del vantaggio ex D.Lgs. 231/2001.

Sul punto, gli Ermellini riprendono quanto affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza Thyssenkrupp, ovvero che i criteri di imputazione oggettiva, nel caso di reati colposi di evento, devono essere riferiti alla condotta e non all’evento. Ma non solo, i Giudici sottolineano la diversità e l’alternatività dei criteri summenzionati. Infatti, essi ribadiscono come non è possibile parlare di un interesse generico per l’ente, facendovi così rientrare ogni tipo di profitto patrimoniale ottenuto a seguito della commissione di un illecito. Sul punto, la Suprema Corte, infatti, afferma che “ebbene, è evidente che, nei reati colposi d'evento, affinché l'interesse per l'ente sussista, sarà certamente necessaria la consapevolezza della violazione delle norme antinfortunistiche, in quanto è proprio da tale violazione che la persona fisica ritiene di poter trarre un beneficio economico per l'ente (vale a dire un risparmio di spesa).” Il criterio dell’interesse deve essere indagato ex ante ed è del tutto ininfluente che venga o meno realizzato il profitto sperato.

Diversamente si dovrà ragionare in relazione al requisito del vantaggio. Infatti, esso richiede una analisi ex post rispetto alla condotta, cioè rispetto alla violazione delle regole cautelari antinfortunistiche. Quindi, bisognerà valutare se l’ente abbia ottenuto un vantaggio a carattere economico in virtù di detta violazione che, in questo caso, deve necessariamente essere reiterata o sistematica. In altri termini, “qualora la persona fisica abbia violato sistematicamente le norme prevenzionistiche, consentendo una riduzione dei costi ed un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto, allora potrà ravvisarsi il vantaggio per l'ente. In tale schema, marcatamente obiettivo, non è necessario che il reo abbia volontariamente violato le regole cautelari al fine di risparmiare, in quanto la mancanza di tale volontà rappresenta la sostanziale differenza rispetto all'interesse, ma solamente chi: risulti integrata la violazione delle regole cautelari contestate. In questo modo, il vantaggio viene rapportato alle specifiche contestazioni mosse alla persona fisica, salvaguardandosi il principio di colpevolezza, ma allo stesso tempo permettendo che venga attinto da sanzione penale anche il soggetto che, in concreto ed obiettivamente, si è giovato della violazione cautelare, vale a dire l'ente.”

Ma non solo, la Corte di Cassazione ha osservato come la Corte di Appello di Bologna non abbia spiegato nulla in tema di colpa di organizzazione, esplicito motivo di gravame. Sul punto, è stato ribadito quanto affermato dalla Corte di Cassazione sez. IV con la sentenza n. 32899/2021, secondo cui la mancata adozione e l’inefficace attuazione di modelli ex artt. 6 e 7 D.Lgs. 231/2001 e art. 30 D.Lgs. 81/08 non è elemento costitutivo della tipicità dell’illecito dell’ente, ma è una circostanza ex lege atta a dimostrare la colpa di organizzazione, la quale però deve essere provata dall’accusa e, al contempo, l’ente può dare dimostrazione dell’assenza di tale colpa. “Pertanto gli elementi costitutivi dell'illecito dell'ente, oltre alla compresenza della relazione organica e teleologica tra il soggetto responsabile del reato presupposto e l'ente (cd. immedesimazione organica), sono la colpa di organizzazione, appunto, il reato presupposto ed il nesso causale che deve correre tra i due.”

A fronte di queste motivazioni la sentenza impugnata è stata annullata.


Credits: Dott.ssa Francesca Lanzetti