Intervento della consulta in materia di estinzione del reato a seguito di positivo svolgimento dei Lavori di pubblica utilità ex art. 186 comma 9-bis Codice della Strada per guida in stato di ebbrezza e successiva menzione del provvedimento nel casellario


ABSTRACT

La Consulta equipara gli effetti del positivo svolgimento dei lavori di pubblica utilità al buon esito della messa alla prova così sancendo l’illegittimità costituzionale dell’art. 24 del D.P.R. n. 313 del 14 novembre 2002 (c.d. “T.U. Casellario Giudiziale”).

La norma sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 27 comma 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede la non menzione del provvedimento di condanna allo svolgimento dei lavori di pubblica utilità e della successiva ordinanza di dichiarazione di estinzione del reato per positivo svolgimento delle attività lavorative nel registro del casellario giudiziale.



La vicenda processuale

La decisione della Consulta interviene su iniziativa della Suprema Corte di Cassazione che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale in un giudizio instaurato per un ricorso contro la decisione di un giudice del casellario ex art. 40 T.U. Casellario Giudiziale[1].

Con la stessa decisione la Consulta ha fornito riscontro anche ad altra richiesta sollevata, in termini analoghi, dal Tribunale di Napoli.

In entrambi i procedimenti rimettenti il merito della decisione concerneva il rigetto dell’istanza di cancellazione dai certificati generale (art. 24) e penale (art. 25) del casellario giudiziale di una sentenza di condanna allo svolgimento dei lavori di pubblica utilità per il delitto di guida in stato di ebbrezza; lavori che poi sarebbero stati regolarmente svolti con provvedimento di estinzione del reato.

Il rigetto delle istanze era sempre motivato con richiamo all’art. 3 del T.U. Casellario Giudiziale che impone la pubblicazione del provvedimento di condanna. Veniva anche precisato che gli artt. 24 e 25 del T.U. Casellario Giudiziale non prevedono la non menzione del provvedimento di estinzione del reato per positivo svolgimento dei lavori di pubblica utilità ex art. 186 comma 9-bis C.d.S..

Il lavoro di pubblica utilità per il reato di guida in stato di ebbrezza e le norme del casellario giudiziale

La norma dell’art. 186 comma 9-bis C.d.S., come noto, consente ai soggetti sorpresi alla guida in stato di ebbrezza di poter svolgere i lavori di pubblica utilità per ottenere una declaratoria di estinzione del reato con conseguente venir meno degli effetti penali della condanna.

Le norme del “T.U. Casellario Giudiziale” (artt. 24 e 25) elencano diversi casi in cui i provvedimenti di condanna dell’autorità giudiziaria possano non essere menzionati nel casellario giudiziale; la ratio delle norme è quella di evitare ricadute negative sulla reputazione dell’imputato.

Pur tuttavia, tra le ipotesi previste dagli artt. 24 e 25 non rientra la decisione di cui all’art. 186 comma 9-bis C.d.S. emessa a seguito dello svolgimento dei lavori di pubblica utilità.

Da questa mancanza sorgerebbe il contrasto con gli artt. 3 e 27 comma 3 della Costituzione; in altri termini vi sarebbe una disparità di trattamento rispetto alle altre ipotesi sempre previste dagli artt. 24 e 25 del T.U. Casellario Giudiziale che contemplano diversi casi di estinzione del reato.

Queste disparità di trattamento sono quelle rilevate dalla Suprema Corte di Cassazione e dal Tribunale di Napoli a sostegno delle questioni di legittimità costituzionale sollevate e sottoposte alla Consulta.

I giudici della Suprema Corte e del Tribunale campano hanno quindi elencato, con precisione, le diverse ipotesi dal cui confronto emerge un trattamento deteriore per gli imputati di guida in stato di ebbrezza senza che vi sia un’idonea giustificazione[2].

La questione giuridica – la disparità di trattamento

L’esempio, tra quelli elencati dalla Corte di Cassazione, che più palesa una diversità di trattamento ingiustificata è quello della mancata opposizione al decreto penale di condanna che determina – di regola – la non menzione della condanna nel casellario giudiziale.

Dal confronto emerge in modo evidente la contraddizione poiché l’imputato che decida di opporre il decreto penale di condanna per svolgere i lavori di pubblica utilità, dovrebbe poi “subire” la menzione del provvedimento nel casellario a differenza di colui che, disinteressandosi della condanna portata dal decreto, ometta di opporsi così rendendo definitivo il provvedimento.

Senza ripercorrere tutte le ipotesi di confronto esaminate dalla Corte Costituzionale, è d’uopo esaminare la decisione cui sono giunti i Giudici delle Leggi ritenendo fondata la questione sollevata dalla Corte di Cassazione e dal Tribunale di Napoli.

Più precisamente, la Consulta ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale richiamando una precedente pronuncia riferita al simile caso del superamento della messa alla prova[3].

Anche questo procedimento, previsto dagli artt. 168-bis e ss. c.p., determina, in caso di esito positivo della prova, l’estinzione del reato.

Richiamando i principi affermati nella pronuncia sopra indicata, la Consulta ha quindi dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 24 del T.U. “Casellario Giudiziale” laddove non preveda i lavori di pubblica utilità ex art. 186 comma 9-bis c.p..

A nulla è valso l’argomento a contrario, secondo cui la non menzione nel casellario del provvedimento di estinzione del reato non consentirebbe il controllo dell’autorità giudiziaria per evitare che l’imputato possa beneficiare più volte del procedimento.

Come noto, la norma del C.d.S. consente di poter effettuare i lavori di pubblica utilità una sola volta.

La Corte Costituzionale ha rilevato che il controllo potrà comunque avvenire mediante il certificato del casellario ad uso esclusivo del Giudice.

Con l’occasione, la Corte Costituzionale ha anche chiarito che la riforma[4] medio tempore intervenuta del T.U. Casellario Giudiziale non ha alcun rilievo per la questione in esame e pertanto l’art. 24 è stato dichiarato incostituzionale nella parte in cui non preveda anche l’ipotesi di estinzione del reato ex art. 186-comma 9-bis del Codice della Strada.

Si può quindi ritenere condivisibile l’affermazione di principio operata dal Giudice delle Leggi che ha così rimediato ad una lacuna del legislatore.

Credits
Avv. Riccardo Dimiziani
Associate
Attorney 231/Compliance


[1] La norma sancisce che tutte le questioni relative alle iscrizioni e i certificati del casellario giudiziale sono demandate al Tribunale monocratico del luogo dove è ubicato l’ufficio locale del casellario, il cui ambito territoriale include il luogo di nascita della persona interessata.

[2] In particolare, la Suprema Corte di Cassazione ha evidenziato la disparità di trattamento rispetto a quei soggetti che, scegliendo di adottare il rito alternativo ex artt. 444 e ss. c.p.p., ovvero decidendo di non proporre opposizione a decreto penale di condanna godrebbero del beneficio della non menzione dei provvedimenti di condanna nel casellario giudiziale. I giudici individuano altresì il caso del soggetto che, dopo una condanna, riesca ad ottenere la riabilitazione con conseguente non menzione nel casellario della sentenza di condanna; peraltro l’istituto della riabilitazione non potrebbe nemmeno operare in favore di un soggetto che ha abbia svolto positivamente i lavori di pubblica utilità poiché l’estinzione del reato preclude questa scelta.

Ulteriore esempio di trattamento difforme è quello che si avrebbe con riferimento all’ipotesi di estinzione del reato a seguito di decorso del tempo previsto dalla norma sulla sospensione condizionale.

I casi sopra elencati sono stati ricondotti ad un’ipotesi di contrasto con l’art. 3 della Costituzione.

Viene poi individuata anche la disparità di trattamento con il soggetto che, avendo chiesto la sospensione del procedimento per messa alla prova, riesca ad adempiere a quanto previsto nel piano di trattamento con conseguente pronuncia di estinzione del reato. In questo caso le norme sottoposte al vaglio della Consulta sarebbero in contrasto con l’art. 27 comma 3 della Costituzione che prevede il fine rieducativo della pena.

Il Tribunale di Napoli che ha sollevato una questione di legittimità costituzionale riferita alla medesima questione giuridica ha richiamato motivazioni in larga parte sovrapponibili, individuando un ulteriore ipotesi. La fattispecie è quella della dichiarazione di estinzione del reato per lieve tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p..

[3] Corte Costituzionale sentenza n. 231 del 2018.

[4] Con il D.lgs. n. 122 del 02 ottobre 2018 l’ar. 25 del T.U. Casellario Giudiziale è stato abrogato facendo rientrare il relativo contenuto nel certificato ex art. 24 richiesto a cura dell’interessato.