La Corte di Cassazione chiarisce la differenza tra patteggiamento e concordato in appello.

Credits: Dott.ssa Francesca Lanzetti

Abstract:

Con l'ordinanza n. 20085/2021 la settima sezione della Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso dell'imputato, si allinea all’indirizzo della Corte Costituzionale in materia di concordato in appello e chiarisce le differenze con il patteggiamento ex art. 444 c.p.p.



Nel caso di specie, la Corte di Appello di Potenza confermava la condanna alla pena pronunciata dal giudice di primo grado nei confronti dell’imputato accusato del reato di rapina aggravata. La stessa infatti riteneva congrua la pena determinata dal giudice di primo grado rispetto invece, alla richiesta avanzata davanti alla suddetta Corte, di applicare la pena concordata dalle parti. A fronte di ciò, l’imputato ricorreva in Cassazione deducendo l’illegittima della motivazione formulata.  

In particolare, nella motivazione di detta Ordinanza la Corte di Cassazione ha sottolineato la differenza tra il rito alternativo ex. art. 444 c.p.p. e l’art. 599 bis c.p.p. che disciplina dell’istituto del concordato in appello: Quest’ultimo prevede per le parti la possibilità di concordare sull’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi oggetto di appello con, eventuale, rinuncia degli altri. Inoltre, se i motivi per i quali viene richiesto l’accoglimento comportano una nuova pena, il pubblico ministero, l’imputato e la persona civilmente obbligata indicano al giudice la pena sulla quale sono d’accordo.

Nell’ ipotesi di patteggiamento ex. art. 444 c.p.p. è contemplata la revisione prevista dall’art. 448 c. 1 c.p.p., nel caso di parere negativo del pubblico ministero o nel caso di mancato accoglimento dell’accordo da parte del giudice. Tale strumento non è contemplato, invece, nel giudizio di appello. Infatti, nella procedura prevista dall’art. 599 bis c.p.p. il giudice valuta la pena in base agli stessi elementi sui quali dovrà fondare la propria decisione al termine del giudizio di impugnazione. Più precisamente, la Corte sottolinea che “non si è quindi in presenza, come nel caso dell’accordo delle parti sulla pena in primo grado, di un’anticipazione di giudizio, effettuata sulla base della consultazione e della valutazione degli atti del fascicolo del pubblico ministero. Le valutazioni del giudice nel patteggiamento in appello si esprimono dunque su situazioni diverse da quelle del patteggiamento in primo grado.” Questa scelta viene motivata dal fatto che il concordato sulla pena in appello interviene in un frangente in cui “c’è già stata una valutazione sul merito della capacità dimostrativa delle prove e non può in alcun modo essere ricondotto al patteggiamento allo stato degli atti che si risolve in una contrazione del giudizio sulla responsabilità.”

La Suprema Corte ricorda, da ultimo, che la ratio del concordato sulla pena in appello ha natura deflattiva e di semplificazione procedurale. Pertanto, il consenso da parte del pubblico ministero o il rigetto della proposta di concordato da parte della Corte di appello non sono soggetti a forme di controllo processuali, le quali andrebbero solamente a complicare la procedura rispetto allo scopo che la stessa si prefigge. A fronte di ciò, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.


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Dott.ssa Francesca Lanzetti
Trainee
Penalista dell'economia