Schemi rappresentativi di comportamenti anomali ai sensi dell’articolo 6, comma 7, lettera b), del D.Lgs 231/2007



ABSTRACT

L’ UIF ha elaborato nuovi schemi per l’individuazione di illeciti tributari – Destinatari di tali schemi sono i soggetti di cui all’art. 3 del D.Lgs 231/2007 – Analisi di ciascun schema - Conclusioni.



L’evasione fiscale e la conseguente commissione di illeciti tributari rappresenta un annoso problema che da sempre ostacola le politiche di crescita economica.

L’evasione e i reati tributari ricorrono tra le condotte criminali presupposto di riciclaggio richiamate nel National Risk Assessment, da ultimo aggiornato al 2018.

Inoltre la Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva per l’anno 2019 riferisce che, con riguardo alla quantificazione di detta evasione, nel triennio 2014-2016, è stato stimato un gap complessivo pari a circa 109,7 miliardi di euro.

Dopo attenta osservazione data dall’esperienza circa le modalità di commissione degli illeciti tributari e fiscali, l’evasione fiscale è diventata uno strumento per precostituire fondi finalizzati a condotte criminose. Le casistiche analizzate dall’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (UIF) rivelano schemi operativi ricorrenti ormai consolidati.

Tenendo conto dell’esperienza maturata dall’UIF e delle SOP (segnalazioni di operazioni sospette) sono stati elaborati - in collaborazione con la Guardia di Finanza e con l’Agenzia delle Entrate - i seguenti schemi di anomalia:

a)     utilizzo ovvero emissione di fatture per operazioni inesistenti;

b)   frodi sull’IVA intracomunitaria;

c)     frodi fiscali internazionali e altre forme di evasione fiscale internazionale;

d)   cessione di crediti fiscali fittizi e altri indebiti utilizzi.

Gli schemi A, B e C sostituiscono quelli già diffusi con le Comunicazioni della UIF del 15 febbraio 2010 e del 23 aprile 2012, rispettivamente, in tema di frodi sull’IVA intracomunitaria e in materia di frodi fiscali internazionali e frodi nelle fatturazioni.

I destinatari di tali schemi sono coloro che hanno l’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette (art. 3 Dlgs 231/2007). Lo schema sulla cessione di crediti fiscali fittizi e altri indebiti utilizzi (D) si riferisce invece prevalentemente all’attività dei professionisti.

Viene precisato dalle indicazioni della Banca d’Italia che non devono ricorrere tutti gli elementi indicati nei diversi schemi, perché si debba procedere alla segnalazione dell’operazione sospetta, così al contrario, un solo indice di per sé considerato non è da solo sufficiente a giustificare la segnalazione. Si deve pertanto ben valutare il contesto in cui il singolo elemento dello schema considerato si verifica.

Di seguito si indicano, in sintesi, gli elementi costituenti i predetti schemi.

Lo schema A) si rivolge agli illeciti di cui agli artt. 2 ed 8 del D.lgs 74/2000 che si riferiscono all’emissione di fatture o documenti per operazioni inesistenti. Le fatture e i documenti in questione sono quelli di cui all’art. 1, comma 1, lett. a) D.lgs 74/2000.

Caratteristica di tali condotte sono l’inesistenza oggettiva, totale o parziale delle operazioni, la sovrafatturazione nonché la riferibilità delle operazioni a soggetti diversi da quelli effettivi.  Spesso in tali ipotesi sono solitamente coinvolte società costituite allo scopo specifico di emettere fatture non corrispondenti a operazioni effettive, prive di dipendenti e di una reale struttura operativa e che non provvedono al versamento delle imposte dovute (cd. cartiere). Le finalità in tal caso possono essere diverse, come l’abbattimento dell’imponibile fiscale da parte del destinatario di tali fatture, l’indebita compensazione di crediti a seguito di crediti di imposta fittizi (cfr. schema B). Spesso tali operazioni sono prodromiche al trasferimento di flussi finanziari verso l’estero.

Tali società c.d. cartiere spesso mostrano determinate caratteristiche (profilo soggettivo) quanto alla loro governance, sede o organizzazione che l’UIF ha ben individuato. Quanto al profilo oggettivo questo è stato individuato con l’osservazione della   movimentazione   registrata   sui   rapporti   aziendali,   caratterizzata da accrediti seguiti da contestuali e sistematici prelievi di contante  o trasferimenti a beneficiari ricorrenti (società italiane o estere, esponenti aziendali, ulteriori persone fisiche prive di collegamenti, formali o commerciali, con l’impresa), specie se con il prevalente ricorso a servizi bancari telematici o a sportelli automatici.

Lo schema B) relativo al fenomeno della frode sull’IVA intracomunitaria è strettamente collegato alle frodi fiscali descritte nello schema di cui all’allegato A).

Si tratta,   infatti,   di   fenomeni   complementari che possono rappresentare distinte fasi di un complesso unitario di condotte illecite.

La frode sull’IVA intracomunitaria è realizzata con il coinvolgimento di entità spesso prive di effettiva organizzazione o consistenza economica (cd. missing trader), costituite ad hoc, solitamente in ordinamenti caratterizzati da una regolamentazione più flessibile e controlli meno rigidi.

Quanto al profilo soggettivo si tratta spesso di imprese caratterizzate da una discontinuità quanto all’operatività, alla presentazione di dichiarazioni fiscali e bilanci; imprese che restano in fase di liquidazione volontaria per lunghi periodi o che cessano poco tempo la loro costituzione. Ancora possono essere imprese che non hanno una reale struttura organizzativa, che hanno una P.IVA cessata o non sono autorizzate a operazioni intracomunitarie (VAT Information Exchange System – VIES).

Quanto al profilo oggettivo, l’UIF ha individuato diversi elementi tra cui la movimentazione di flussi finanziari importanti in un breve periodo, trasferimenti di importi elevati da e verso l’estero, utilizzo anomalo di carte di pagamento per importo e modalità, trasferimento di fondi verso paesi ad alto rischio di riciclaggio ecc.

Lo schema C) riguarda invece le frodi internazionali ed altre forme di evasione fiscale sempre internazionale.

Tali frodi si fondano essenzialmente sullo sfruttamento delle differenze esistenti tra gli ordinamenti fiscali nazionali. Tali illeciti sono spesso realizzati  con il coinvolgimento di cd. “shell company” o di società interposte (cd. “conduit company”), prive di un’effettiva struttura organizzativa idonea all’esercizio di un’attività economica, la cui presenza è giustificata unicamente dal conseguimento, per il tramite delle stesse, di un vantaggio fiscale. Spesso sono coinvolti soggetti con residenza o sede all’estero, o soggetti non residenti che hanno in Italia il proprio centro di interessi. Ancora imprese estere controllate, anche indirettamente, da soggetti residenti in Italia, imprese estere, specie se partecipate anche indirettamente da soggetti residenti in Italia, prive di strutture organizzative reali, funzionali allo svolgimento di un’attività economica effettiva.

Quanto al profilo oggettivo spesso lo schema è riconducibile a rapporti intestati a persone o imprese estere con operatività che attesta la disponibilità di locali o di personale sul territorio nazionale, o a soggetti che operano in Italia per conto delle stesse o ancora trasferimenti di disponibilità all’estero, specie se in Paesi con livelli di imposizione notevolmente inferiori rispetto a quello domestico o in giurisdizioni opache e/o non cooperative. Anche il tipo e le modalità di flussi finanziari e i beni oggetto di scambio (come opere d’arte ed oggetti preziosi) assumono particolare rilievo in tale ambito.

Infine lo schema D) relativo alla cessione di crediti fiscali fittizi e altri indebiti utilizzi è stato oggetto di analisi e studio da parte della UIF.

La cessione dei crediti vantati nei confronti dell’Amministrazione finanziaria consente di ottenere in tempi più brevi liquidità rispetto alla tempistica dell’erogazione dei relativi rimborsi. Tale cessione può avvenire solo se risulta da dichiarazioni fiscali e sono stati richiesti a rimborso.

Proprio tali cessioni possono essere oggetto di condotte fraudolente. In alcuni casi, al fine di eludere i controlli fiscali, i trasferimenti di crediti fittizi avvengono attraverso cessioni o conferimenti di aziende o di relativi rami delle stesse costituiti prevalentemente da crediti fiscali. In genere, il corrispettivo della cessione è notevolmente inferiore al valore nominale dei crediti e il relativo pagamento è regolato con modalità particolarmente vantaggiose per i cessionari.

Dalla prassi emergono anche casi in cui le imprese titolari di crediti fittizi assumono, a titolo oneroso, l’obbligo di pagare i debiti tributari, oneri contributivi e premi di altri soggetti, provvedendo a estinguere i debiti accollati mediante compensazione con i predetti crediti.

Sotto il profilo soggettivo, le imprese cedenti o accollanti presentano spesso un oggetto sociale ampio ed eterogeneo, mentre le imprese cessionarie o accollate operano prevalentemente, anche sotto forma di cooperative consorziate, in settori di attività ad alta intensità di manodopera, con la presenza di elevati debiti erariali e contributivi.

Tali schemi, come descritto, sono essenziali per il contrasto a fenomeni di riciclaggio ed alla prevenzione di illeciti tributari anche a livello internazionale.

Con l’introduzione nel decreto legislativo n. 231/2001 dell’art. 25 quinquiesdecies, sono stati introdotti diversi reati tributari che possono ricondursi in parte agli schemi sopra analizzati ed elaborati dall’UIF.

In mancanza, ad oggi, di linee guida da parte di Confindustria per la prevenzione di tali illeciti, si ritiene che il contributo offerto dall’UIF rappresenti un valido supporto per l’attività di risk assessment di tali reati nelle realtà aziendali e possa fornire spunti di riflessione e uno strumento utile nell’individuazione di procedure operative idonee alla prevenzione di condotte criminose che porterebbero conseguenze penali anche per le società direttamente coinvolte ai sensi del D.lgs 231/2001.

A questo link il testo. 

Credits:
Avv. Eleonora Pradal
Senior Associate
Lead Attorney 231/2001 Compliance